
Agorà Democratiche
AGORÀ DEMOCRATICHE
Quale Fotovoltaico per la transizione energetica
Legambiente, Italia Solare, circolo PD di Tavagnacco (UD) e circolo PD Udine 2
In questa Agorà ci proponiamo di discutere su come dare una decisa accelerazione alla produzione di FER attraverso il fotovoltaico, che è ormai una tecnologia matura, in molti casi economicamente conveniente, e soprattutto è il nostro migliore alleato nella lotta contro il cambiamento climatico ormai in atto. Il recente piano del ministro Cingolani riconosce la necessità di produrre circa 650 TWh all’anno da fonti rinnovabili nel 2050, ma prevede solo 60 GW di nuove FER al 2030, di cui circa 42 di fotovoltaico. Noi crediamo che sia troppo poco, e che sia necessario fare molto di più, anche stabilendo obbiettivi vincolanti per ciascuna Regione, nell’ambito della propria programmazione territoriale, per quanto riguarda le nuove installazioni. Prioritariamente il nuovo fotovoltaico andrà installato sui tetti delle abitazioni e delle industrie, e nell’ambito delle Comunità energetiche; ma occorre incentivarlo di più, anche semplificando le procedure autorizzative e burocratiche. Tuttavia, considerata la dimensione della transizione energetica che sarà necessaria di qui al 2050, questo non basterà. Bisognerà quindi pensare anche ad impianti a terra sfruttando terreni agricoli improduttivi, marginali e che non alterino il paesaggio. Purtroppo rischiamo in questo senso un “effetto nimby” da parte di ambientalisti che considerano il fotovoltaico quasi come un nemico dell’ambiente, mentre invece è il nostro principale alleato per prevenire effetti irreversibili a danno dell’ambiente, della biodiversità, dell’agricoltura e del paesaggio stesso; e di amministratori timorosi di prendersi responsabilità. Bisogna superare queste resistenze facendo da un lato corretta informazione, e dall’altro adottando e migliorando le nuove proposte per rendere il fotovoltaico sempre più compatibile con l'ambiente e il paesaggio, con sistemi già sperimentati all’estero e anche in Italia, ad esempio il cosiddetto “Agrivoltaico” (come proposto anni fa da Legambiente), e vincolandoli a interventi attivi di riqualificazione ambientale, ad esempio riforestazione e inserimento nei “corridoi ecologici” per preservare la fauna e la biodiversità. Ad esempio, parchi fotovoltaici sollevati da terra e inerbiti possono costituire piccole “oasi” per le api e la piccola fauna (assai meglio delle stesse superfici agricole coltivate). Le proposte (che saranno comunque discusse e messe a punto durante l’Agorà) sono: - attuare un piano di transizione ecologica più coraggioso, con una maggiore diffusione delle FER; - realizzare una pianificazione degli impianti attraverso quote ripartite fra le Regioni e accordi a livello locale come i Piani energetici intercomunali; - per tutti gli impianti a terra, migliorare i requisiti di compatibilità ambientale e abbinarli con una difesa attiva degli ecosistemi; inoltre, puntare sull'agrivoltaico integrato nell'azienda, fino a una certa quota della superficie aziendale.
Sintesi dell'Agorà
L’agorà si è svolta regolarmente ed ha avuto 27 partecipanti. Tutte/i si sono dette/i convinte/i della necessità di dare una decisa accelerazione alla produzione di fonti energetiche rinnovabili per fermare il riscaldamento globale e il cambiamento climatico ormai già in atto, come si vede dalla sempre maggiore frequenza di eventi estremi (piogge, siccità, incendi boschivi, notti “tropicali” ecc.). Dato che molte parti d’Italia hanno risorse eoliche limitate, occorrerà puntare soprattutto sul fotovoltaico, che è ormai una tecnologia matura e in molti casi già economicamente conveniente rispetto alle fonti fossili. Occorre fissare obbiettivi più ambiziosi rispetto agli attuali piani del governo Draghi, e inoltre prevedere l’adeguamento della rete elettrica e pianificare i sistemi di accumulo, prevalentemente basati sull’”idrogeno verde”. Ci si è trovati d’accordo anche sulle priorità: il nuovo fotovoltaico andrà installato prioritariamente sui tetti delle abitazioni e delle industrie, e nell’ambito delle Comunità energetiche; tuttavia, considerata la dimensione della transizione energetica che sarà necessaria di qui al 2050, questo non basterà. Bisognerà quindi pensare anche ad impianti a terra sfruttando terreni agricoli improduttivi, marginali e che non alterino il paesaggio. È perciò indispensabile superare le numerose resistenze alle nuove installazioni da parte sia di gruppi di pressione sia di alcune Regioni, sia facendo maggiore informazione (la maggior parte delle persone non si rendono conto delle dimensioni del cambiamento climatico e della Transizione energetica necessaria), sia pianificando i nuovi impianti di fonti attraverso quote ripartite fra le Regioni, con un sistema analogo al “burden sharing” già applicato dall’Unione Europea.
Sarebbe utile anche la costituzione, da parte di ogni Regione, di una banca delle aree disponibili (zone industriali, scali ferroviari, parcheggi, zone militari, ecc.) su cui orientare gli investitori. Deve valere il principio della responsabilità condivisa tra le Regioni di produrre in proprio l'energia consumata; deve essere chiaro che ogni Regione deve produrre quanto consuma salvo quelle compensazioni o scambi che fossero necessari a sostenere l'equilibrio del sistema elettrico. Alcuni partecipanti hanno espresso preoccupazioni per l’impatto visivo degli impianti fotovoltaici a terra, ma la maggioranza ha ritenuto che siano comunque necessari, manifestando anche una decisa contrarietà ad alternative come gli impianti nucleari a fissione; ma che d’altra parte devono essere realizzati nel rispetto dell’ambiente e minimizzando o mitigando gli impatti sul paesaggio.
Si è proposto anche di progettare il fotovoltaico come infrastruttura di collegamento fra i territori abbinata a interventi attivi di riqualificazione ambientale, ad esempio riforestazione e inserimento nei “corridoi ecologici” per preservare la fauna e la biodiversità. Si è parlato inoltre della necessità di: rimuovere gli ostacoli di natura legislativa e burocratica che frenano le installazioni di impianti a fonti energetiche rinnovabili, senza però allentare ma rafforzando i controlli; costituire le Comunità Energetiche per l’Autonomia energetica; di Agrivoltaico come forma di coesistenza fra la produzione di energia e l’attività agricola; di risparmio energetico, inteso non come “decrescita” ma come razionalizzazione dei consumi attraverso il miglioramento dell’efficienza energetica. Tutte le proposte sono state approvate all’unanimità.
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28 commenti
Conversazioni con Elio Baracetti
Credo che sia necessario muoversi a livello locale. Ormai abbiamo degli obiettivi nazionali di produzione delle energie rinnovabili al 2030 e al 2050. Il governo nei prossimi mesi emanerà il cosidetto Burden Sharing (ripartizione degli obiettivi). e con il recepimento delle direttive europee si rivoluzionerà il sistema elettrico nella produzione e nella distribuzione dell'energia. E il fotovoltaico sarà al centro di tutto questo semplicemente perchè è la tecnologia più matura. Aggiungiamo anche che in nord Italia, dove si consuma la maggior parte dell'energia non ci sono praticamente le condizioni per l'eolico. A me pare che il punto debole in tutto questo siano "i territori". cioè i comuni e l'insieme dei comuni che dovrebbero cominciare (amministratori, stakholders, cittadini...) cominciare ad indicare dove mettere e dove non mettere il fotovoltaico. Per essere soggetti e non oggetti della pianificazione energetica.
Grazie Elio per il contributo.
La chiave della discussione è probabilmente nel fatto che molte persone non si rendono conto pienamente della "dimensione" del cambiamento climatico (già purtroppo in atto, e ne vediamo gli effetti) e di conseguenza della transizione ecologica che sarà necessaria per combatterlo. Non si tratta di produrre "un po' di più" di elettricità rinnovabile, ma di sostituire con l'energia rinnovabile entro il 2050 "quasi tutto" il petrolio e il gas naturale che consumiamo. Non si tratta di un obbiettivo da poco. E' quindi necessario cominciare con decisione, anche per rispettare la tempistica stabilita dal Green deal europeo, che gli Stati membri fra cui l'Italia sono impegnati a recepire e attuare, anche e soprattutto nell'ambito del Recovery Plan (PNRR). Se non rispettiamo gli impegni presi con l'UE, se il PNRR non dovesse essere attuato a dovere, ne andrebbe di mezzo non solo l'Italia, ma tutta la complessa costruzione dell'Unione Europea. E noi per questo ci battiamo.
Conversazioni con Emilio Gottardo
Intervengo per Legambiente x condividere alcuni punti di vista su ftv e transizione energetica limitandomi alla sola realtà del FVG.
Compiere un processo di transizione (al 2050) significa prevedere che tutta la domanda di energia elettrica fossile regionale (10.3 TWh nel 2019) debba essere prodotta con ftv poichè in regione non c'è altra fonte realmente utilizzabile su grandi numeri (microeolico e geotermico a bassa entalpia si possono fare, ma con produzioni limitate; idroelettrico e biomasse non vanno bene).
Stimiamo che 10,3 TWh si possano produrre utilizzando 8.000 ha lordi di coperture (per un netto di 1.333ha e 1.333MWp), 6.000 ha lordi di aree degradate (per un netto di 2.400ha e 1.600MWp); 300ha lordi in montagna (per un netto di 300ha e 200MWp) e 8.104 ha lordi di aree agricole (x un netto di 8.104 ha (pari al 3,68% SAU) e 5.267MWp). In totale dovremo occupare 12.137 ha netti per produrre i 10,3 TWh necessari.
Ciò significa che entro il 2030 dovremmo installare 577 MWp/anno x coprire il 55% di riduzione e altri 189 MWp/anno per coprire i restanti MWp entro il 2050.
Ciò premesso, dobbiamo dire che c'è URGENZA e non si può ritardare. Su tetti e aree degradate ci sono molte difficoltà tecniche, e legali di accesso, da affrontate tuttavia urgentemente con costituzione di Comunità Energetiche (x i tetti) e costituzione, da parte della Regione, di una banca delle aree disponibili (Z.I., Z. A. scali ferroviari, parcheggi, zone militari, ecc.) su cui orientare gli investitori.
Nelle aree agricole (escluse le zone di rilevanza agricolo-paesaggistica e quelle di più elevata qualità agronomica) va fatto agrivoltaico mantenendo la terra in stato di coltivazione SEMPRE, alle seguenti condizioni:
• richiedere obbligatoriamente un contratto pluriennale con un imprenditore agricolo a garanzia della coltivazione;
• richiedere disponibilità %mente rilevante di aree agricole contigue agli impianti per fare agricoltura biologica (investitori sono disponibili a tale ipotesi);
• la Regione attivi accordi con ass.ni categoria per trovare imprenditori agricoli che gestiscano le aree interne e contigue agli impianti.
E’ difficile usare aree agricole marginali sia per problemi di tutela della biodiversità che per problemi di allacciamento alla rete.
Mascheramenti perimetrali e coltivazioni bio (diverse da mais/soia/girasole oggi prevalenti), dentro gli impianti, costituirebbero nel lungo periodo un mosaico territoriale di biodiversità e di riqualificazione ecologica delle campagne oggi molto impoverite dalle colture industriali.
Così facendo si riduce rischio di consumo/perdita di suolo, si mantiene fertilità; si salvaguarda l'occupazione in agricoltura; si sviluppa la figura dell'imprenditore agricolo come produttore di energia.
Infine, bisognerebbe ragionare non solo in termini di equilibrio tra consumi e produzione energetica; tale equilibrio va costruito dentro un modello di sistema "autonomo". Perchè non costituire un'Agenzia reg.le x energie rinnovabili?
CREDO CHE L'IMPIANTO DEL RAGIONAMENTO SIA CORRETTO. Bisogna prevedere da subito che si dovrà utilizzare anche il fotovoltaico a terra perchè non si può "aspettare" che abbiamo utilizzato tutte le coperture (con tutte le difficoltà che ci sono a farlo), le caserme, le ex cave etc. prima di passare ad occupare suolo.
PRIMA OSSERVAZIONE sul testo di Emilio:
"Ciò significa che entro il 2030 dovremmo installare 577 MWp/anno x coprire il 55% di riduzione e altri 189 MWp/anno per coprire i restanti MWp entro il 2050".
Nelle previsioni nazionali (si trovano su qualche sito ministeriale) al 2050 si raddoppiano i consumi elettrici perchè andranno a sostituire in buona parte carburanti per auto, riscaldamento etc... Quindi bisognerebbe passare da 190 MWp a 380. O più. Questo per la prospettiva degli spazi necessari per la fuoriuscita dalle energie fossili.
Ma mi vien da dire che questo al momento non è molto importante praticamente, se non per tener presente la "dimensione del problema".
Il problema appunto è complesso e andrebbe "messo a terra con delle proposte di massima, come quelle esposte da Emilio, e poi approfondite con incontri in presenza.
Ripropongo la necessità dell'azione a livello locale se no non se ne esce.
Grazie Emilio per questo contributo estremamente ben documentato e approfondito. Anche se si tratta di un caso-studio relativo al Friuli Venezia Giulia, può essere molto utile anche per capire cosa fare nelle altre Regioni d'Italia.
Personalmente concordo con quasi tutto quello che hai scritto. Credo che però le cifre reali (beninteso nell'ambito di quelle che comunque sono previsioni, non certezze) siano anche leggermente più basse: ad esempio, quando si parla dell'obbiettivo UE di ridurre le emissioni di gas serra del 55% al 2030, si tratta però del 55% in meno "rispetto al 1990", e bisognerebbe sottrarre il circa 20% che l'Italia ha già realizzato fra il 1990 e il 2020 (sebbene grazie principalmente alle riduzioni nei consumi energetici causate dalle crisi del 2008 e del 2020).
Hai fatto giustamente presente che l'installazione del fotovoltaico su terreni agricoli non impedisce necessariamente la coltivazione. Io aggiungerei che, se è giusta, come credo, la previsione di una "occupazione di terreni agricoli" del 3.6% della superficie agricola coltivata, questo sacrificio va confrontato con gli enormi disastri (anche per il turismo e l'agricoltura stessa) che il cambiamento climatico comporterebbe se non lo fermiamo, e con il grande obbiettivo di "convertire" l'intera economia alle energie rinnovabili (non più carbone, petrolio e gas entro il 2050).
Grazie ancora
La domanda di energia è caratterizzata da una fascia costante e da curve legate dai fabbisogni dei cicli produttivi industriali. I sistemi energetici di generazione si devono per forza adeguare alla fluttuazione della domanda perché l'energia elettrica oggi non ha spazi fisici, oltre al volume dei conduttori delle reti oggi presenti, dove possa essere accumulata. Il fotovoltaico è una fonte molto importante perché nella fase di generazione non produce emissioni.
Pensare di coprire tutto il fabbisogno della Regione FVG, come tutto il resto del paese e/o del mondo passa ineludibilmente dalla soluzione dello stoccaggio di energia. Questo perché a fronte di una domanda più o meno costante, il fotovoltaico ha una generazione intermittente ed incostante. Il bilancio di Mauro che porta ad una potenza installata attesa di circa 8.400 MWp per la produzione di 10,3 TWh ci può stare. Quello che però non è stato detto è che i 10,3 TWh vengono consumati in 8760 ore, mentre gli 8.400 MWp produrranno per non più di 1500 ore nell'arco dell'anno.
Io sono favorevolissimo al fotovoltaico, concordo con voi che in zona agricola si debba fare agro-fotovoltaico, ovvero fare impresa agricola e non giardinaggio per far fare green washing alle imprese energetiche (che lo chiamano agrivoltaico, termine semanticamente sbagliato ma perfetto neologismo in stile green washing).
Il FVG ha, nella sua parte pianeggiante e costiera una situazione geologica come quella della Baviera dove si fa geotermia elettrica con fluidi a media entalpia. Ha il vento che soffia sul Carso. Ha le biomasse degli allevamenti bovini e avicoli, della filiera del Prosecco, della filiera del legno e dei suoi boschi. Ha tanto corsi d'acqua e canali di bonifica dove fare impianti ad acqua fluente. Probabilmente un'Agenzia regionale per le energie rinnovabili potrebbe davvero mettere a sistema tutte queste risorse
Buongiorno a tutte/i,
riporto qui i link ai documenti che avevo già messo nella proposta di agorà:
Link brevi:
Sul cambiamento climatico
https://www.repubblica.it/green-and-blue/2021/08/09/news/cambio_climatico_il_rapporto_ipcc_i_cambiamenti_climatici_sono_diffusi_rapidi_e_si_stanno_intensificando_-313410983/
Sul piano Cingolani
https://www.qualenergia.it/pro/articoli/per-italia-60-nuovi-gw-rinnovabili-2030-come-arriveremo-secondo-cingolani/
Le resistenze
https://24plus.ilsole24ore.com/art/energia-solare-ecco-buoni-e-cattivi-corre-l-emilia-romagna-puglia-frena-AEpW1Fd
Proposta di legge del PD FVG
https://www.facebook.com/pdfvg/posts/4379781028733190?comment_id=4380072582037368
Proposta di Legambiente
https://www.legambiente.it/comunicati-stampa/agrivoltaico-la-svolta-energetica-dellagricoltura/
Appello di Greenpeace, Italia Solare, Legambiente e WWF
https://www.italiasolare.eu/comunicati-stampa/individuare-criteri-che-consentano-sinergie-tra-fotovoltaico-e-agricoltura/
Altri collegamenti
Rapporto IPCC sul cambiamento climatico
https://ipccitalia.cmcc.it/messaggi-chiave-ar6-wg1/
Studio sugli effetti del cambiamento climatico
https://www.cmcc.it/it/analisi-del-rischio-i-cambiamenti-climatici-in-italia
https://pdc.minambiente.it/it/norme/politicaenormativa/politica-ambientale/politica-nazionale/strategia-italiana-di-lungo-termine
Testo della proposta di legge del PD FVG
https://www.consiglio.regione.fvg.it/iterdocs/Serv-LC/ITER_LEGGI/LEGISLATURA_XII/TESTI_PRESENTATI/134_RTF.pdf
Appello di Italia solare, WWF e Greenpeace
https://www.italiasolare.eu/comunicati-stampa/individuare-criteri-che-consentano-sinergie-tra-fotovoltaico-e-agricoltura/
Proposta di Legambiente sull'agrivoltaico
https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2020/11/agrivoltaico.pdf
Caso-studio di Legambiente sul Friuli Venezia Giulia
https://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2021/09/26/news/servono-12-mila-ettari-per-il-fotovoltaico-1.40743713
Grazie a chi vorrà darci un'occhiata e contribuire alla discussione!
Conversazioni con Mauro Romanelli
Oggi le Regioni e qualche giorno fa la Commissione Agricoltura alla Camera hanno dato una mazzata alle prospettive dell'agrivoltaico. Un Paese suicida che blocca l'innovazione.
https://ecquologia.com/regioni-contro-agrovoltaico-protesta-italia-solare/?fbclid=IwAR1ZdIO9hLn8MDdn0vl_J8G12zTY7pIvsjlSLOUCEZ8wQxrixc2sCfGbTFI
Caro Mauro, grazie per il contributo.
L'emendamento in questione recita: “Gli impianti agrovoltaici e gli impianti solari fotovoltaici possono essere collocati a terra su aree con destinazione agricola da parte dello stesso imprenditore agricolo che abbia la disponibilità del suolo e la titolarità dell’impianto in una percentuale non superiore al 5 per cento della superficie agricola utilizzata”.
A me non sembra poco, perché credo che gli impianti vadano realizzati anche su terreni agricoli coltivati (SAU), ma non solo: vanno utilizzate anche le aree degradate (es. industriali o militari dismesse) e i terreni non coltivati (o non coltivabili, inquinati, soggetti a bonifica), cave, discariche, aeroporti ecc. Ad esempio lo studio di Legambiente FVG (di cui al commento di Emilio Gottardo) stima come necessari al 2050 in Friuli Venezia Giulia 8000 ha di terreni agricoli (3.7% della SAU) e 6000 ha di aree degradate. Il 5% è comunque un passo in avanti rispetto alle politiche di alcune Regioni (Puglia, Basilicata, Toscana) che hanno bloccato completamente o quasi il FV a terra.
Penso che sia bene che gli impianti FV siano di proprietà dell'azienda agricola per evitare, come nel caso del biogas, che i profitti vadano tutti a soggetti estranei all'agricoltura. Non si tratterà in genere di "grandi impianti industriali" da decine di MW: quelli andranno messi appunto in aree degradate e terreni non coltivabili, ecc.
Il problema principale, credo, è che le Regioni devono invertire completamente il loro atteggiamento nei confronti del FV. Non limitarsi a dire passivamente "dove non va", ma farsi carico attivamente degli obbiettivi della transizione energetica e individuare le aree "dove deve andare". Eventualmente anche cambiando la destinazione d'uso di certi terreni da agricola a industriale. Per questo fra le possibili proposte abbiamo messo "realizzare una pianificazione degli impianti attraverso quote ripartite fra le Regioni".
Le Regioni "devono" programmare gli impianti sul loro territorio in funzione dei loro fabbisogni e degli obbiettivi nazionali da raggiungere. Questo non significa che tutte le Regioni debbano essere autosufficienti: ad esempio in quelle più densamente abitate e/o con molte industrie potrebbe essere impossibile soddisfare tutto il fabbisogno con FV a terra (o ne risulterebbe un’occupazione di suolo inaccettabile). Alcune Regioni produrranno più energia rispetto ai fabbisogni interni, altre meno (come già accade). Ma tutte le Regioni dovrebbero programmare impianti FV a terra in misura sufficiente a raggiungere complessivamente gli obbiettivi nazionali, che sono fra l’altro vincolanti in relazione agli obbiettivi europei di transizione ecologica ed energetica.
Comunque ne discutiamo, e ogni contributo è molto gradito (anche prima della riunione del 3 novembre).
Da Qualenergia...
La Conferenza unificata fra Stato, Regioni, Provincie e Comuni non proporrà di inserire nel recepimento della direttiva RED2 il limite del 5% della superficie agricola utilizzata, come porzione massima dedicabile alla produzione di energia nell’ambito di progetti agrovoltaici e fotovoltaici a terra.
La misura era contenuta in un emendamento al decreto di recepimento della direttiva europea RED 2 sulla promozione delle rinnovabili, presentato la settimana scorsa dalle Regioni, secondo cui “gli impianti agrovoltaici e gli impianti solari fotovoltaici possono essere collocati a terra su aree con destinazione agricola da parte dello stesso imprenditore agricolo che abbia la disponibilità del suolo e la titolarità dell’impianto in una percentuale non superiore al 5% della superficie agricola utilizzata”.
Nel bocciare la proposta di emendamento delle Regioni, l’Unificata ha deciso di prendere tempo per valutare meglio una questione che negli ultimi giorni aveva sollevato le proteste di associazioni di settore come Italia Solare e il Coordinamento Free (Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica).
La Conferenza si è quindi impegnata ad aprire un “tavolo di confronto che affronti le tematiche dello sviluppo del fotovoltaico nelle zone agricole e quelle dell’incentivazione della produzione di biometano”.
Buongiorno,
segnalo l'articolo odierno su Repubblica: https://www.repubblica.it/economia/2021/10/16/news/burocrazia_e_aste_deserte_per_le_rinnovabili_arriva_l_ultima_chiamata-322543864/
In particolare: "A partire da luglio 2019 sono state bandite sei aste ma sono stati assegnati “solo” 3.127 megawatt di potenza sui 5.660 disponibili, in pratica poco più del 50%. Ancora più negativi sono i dati delle ultime tre aste, dove la capacità coperta dagli operatori non è mai andata oltre il 25% complessivo. Questo significa che l’Italia ha accumulato ulteriori ritardi rispetto agli altri Paesi europei e agli obiettivi dello stesso governo, contenuti nell’ultima versione del Pniec (il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima), per il quale bisognerebbe arrivare a 42 gigawatt di potenza installata entro il 2030. Si tratta di un risultato, al momento, difficilmente raggiungibile. ...se la quota di rinnovabili in Italia salisse alla media degli ultimi due anni «l’obiettivo dei 42 gigawatt verrebbe raggiunto non nel 2030 ma nel 2048...
E' una situazione gravissima, in un momento in cui fra l'altro i prezzi dell'energia stanno "volando" a causa dei rincari dei combustibili fossili.
L'articolo prosegue: "Per gli operatori, a frenare la crescita delle rinnovabili - e scoraggiare partecipazione alle gare - non è la mancanza di investimenti o di progetti, bensì la burocrazia. Mentre le aste in Italia venivano disertate, in Paesi come Francia o Spagna facevano il tutto esaurito, proprio perché hanno iter molto più veloci, con tempi più che dimezzati. L’Anev (una delle associazione che raccoglie gli operatori del settore eolico) in un suo documento presentato in Parlamento ha scritto che «mediamente un procedimento autorizzativo richiede 25 tra atti e pareri che coinvolgono enti e soggetti terzi».
E' il problema che abbiamo voluto segnalare con questa proposta di Agorà. Molte resistenze vengono dalle Regioni e dai Comuni, che "passivamente" si oppongono alle installazioni rallentando o perfino bloccando i passaggi burocratici, per timore delle proteste da parte di "minoranze rumorose". Passaggi che comunque vanno semplificati (forza Draghi!).
Altrimenti si dovrebbe concludere che in Italia non si riuscirà mai a fare niente: ma allora cadremmo sempre di più in una specie di cinica rassegnazione, che darà ulteriore fiato al populismo e alla protesta distruttiva.
Diamoci da fare, dico io.
Un saluto
Conversazioni con Pasquale D'Acunto
Credo che bisogna ragionare su un nuovo principio energetico: produrre energia verde là dove occorre quanta ne occorre. Il problema principale che viene opposto è che il solare non è "accumulabile" se non con grandi batterie (tecnologie ancora sperimentali e diatriba sul gestore, ENEL? TERNA?...), se ogni grande impianto fotovoltaico, non solo pannelli ma anche specchi di Archimede fosse affiancato da un impianto per la produzione di idrogeno, questo si accumulabile facilmente, si avrebbe la possibilità di bruciarlo per produrre energia elettrica in ogni momento e all'occorrenza, stesso discorso per gli impianti eolici, geotermia. maree, ect...in breve tempo avremmo l'energia pulita che serve ed a costi bassi con la possibilità di accumulare scorte di idrogeno per la mobilità pubblica e privata con una campagna di incentivazione per un ricambio veloce del parco auto benzina-diesel con veicoli ad idrogeno o elettrici.
Un breve accenno alla necessità di produrre non solo per il profitto ma per migliorare la qualità dei prodotti e della vita, a tal proposito sarebbe necessario introdurre, anche forzosamente e a cominciare dalle grandi aziende partecipate dallo stato, che i lavoratori siano pagati oltre che con lo stipendio con una quota azionaria della loro azienda, assicurandone una partecipazione "condizionante" e di controllo nei consigli di amministrazione per impedire storture iperliberiste o scelte inquinanti.
Caro Pasquale,
la tua prima osservazione è giustissima. L'accumulo è indispensabile per le energie "intermittenti" come il solare e l'eolico, altrimenti non riusciranno mai a sostituire completamente le fonti fossili. Le batterie funzionano ma hanno limiti di costo, smaltimento, reperimento delle materie prime; io credo che bisognerà puntare molto sull'idrogeno, come del resto previsto dal PNRR e dalla strategia europea https://ec.europa.eu/energy/sites/ener/files/hydrogen_strategy.pdf.
L'idrogeno si potrebbe produrre teoricamente in qualunque punto della rete elettrica, ma i rendimenti sarebbero maggiori se si mettessero vicino la produzione (eolico e/o fotovoltaico), lo stoccaggio (idrogeno) e parte del consumo (industrie "energivore" come la chimica, la meccanica ecc.).
In realtà una strategia europea esiste, è ben studiata, e ha tutte le caratteristiche per consentire effettivamente di raggiungere gli obbiettivi per il 2050. Il problema è che la gente in genere non lo sa, e che come al solito siamo in Italia...
Grazie per il contributo.
quanta energia rinnovabile servirebbe per alimentare i sistemi fotovoltaici e sostituire quella fornita dalla rete nazionale ? (stesso varrebbe per il mondo intero). non sono riuscito a trovare dati relativi alle superfici che sarebbero necessarie per produrre tale energia. I dati forniti dalla IEA (International Energy Agency) sono ricavati da modelli e scenari che prevedono poco spazio per fotovoltaico ed eolico fino al 2030-2050. Soprattutto non si parla dell'incremento della popolazione. Ogni dieci anni la popolazione mondiale aumenta di un miliardo e la superficie sottratta toglie spazio alla produzione di cibo e acqua potabile. Basterà? Occorre una riflessione su questi temi perchè il discorso è globale e non possiamo risolverlo a livello solo locale. grazie Ciao
Caro Vincenzo Piccolo,
le superfici di fotovoltaico che servirebbero per attuare il "piano Cingolani" al 2030, e da realizzare il più possibile sui tetti ma comunque per la maggior parte a terra, sono dell'ordine dello 0.18% del territorio e dello 0.44% della superficie agricola. Per gli obbiettivi del 2050 (sostituzione quasi completa delle fonti fossili) secondo stime che considero attendibili salirebbero a 1.2% e 2.9% rispettivamente ("molto" circa: non sono stime facili!).
L'IEA ragiona a livello mondiale e considera per il 2050 anche il nucleare (11% del fabbisogno), combustibili fossili con parziale cattura della CO2 (23%) e bioenergie (20%). Per l'Italia credo che il nucleare sia fuori discussione, e anche un apporto così grande di biomasse (che fra l'altro creerebbero problemi ancora maggiori alla produzione di alimenti); inoltre molte aree non sono vocate per l'eolico. Insomma dobbiamo puntare principalmente sul fotovoltaico; ed è un peccato che ci siano resistenze di vario tipo che frenano un piano tutto sommato limitato come quello del Governo.
Chiaramente non basterà se tutti i Paesi del mondo non parteciperanno all'impresa di fermare il riscaldamento globale. Per questo apprezzo particolarmente gli sforzi di questi giorni del presidente Draghi di convincere anche i più recalcitranti, Cina India e Russia.
Ma non basterà nemmeno fare gli impianti fotovoltaici ed eolici: dovremo anche adeguare la rete elettrica, realizzare sistemi di accumulo dell'energia (specialmente a idrogeno), passare dai veicoli a benzina e gasolio a quelli elettrici o a idrogeno, fare gli isolamenti delle case, imparare a risparmiare energia, ecc. ecc. E' una sfida enorme.
Proprio per questo credo che dobbiamo discuterne nelle Agorà. Per prima cosa è necessario rendersi conto "delle dimensioni" sia del cambiamento climatico (che è già qui e può diventare molto peggio), sia della transizione energetica ed ecologica che è necessaria per evitarlo. E se lo sforzo sarà molto grande, vorrà dire che bisognerà darsi da fare molto di più di quel pochissimo che stiamo facendo ora.
Grazie a te, ciao.
Conversazioni con Maria Rosaria Calvelli
Segnalo ancora l'articolo:
Iea: "Transizione troppo lenta: vanno triplicati gli investimenti nell'energia pulita"
https://www.repubblica.it/green-and-blue/dossier/cop26/2021/10/13/news/la_iea_avverte_i_potenti_del_mondo_di_questo_passo_le_emissioni_caleranno_solo_del_40_-322027652/
il video della World Meteorological Organization - WMO sul cambiamento climatico:
https://www.youtube.com/watch?v=uy8NP18IsFc
e questo sull'idrogeno verde:
https://www.repubblica.it/green-and-blue/dossier/green-story/2021/07/06/news/idrogeno_verde_off_shore_francia_energia-309080176/
Anch'io segnalo l'interessantissimo articolo della Gabanelli
http://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/energie-rinnovabili-perche-l-italia-indietro-tutti-ostacoli-impianti/4bfec1a8-3a5a-11ec-850c-0c14b1133c9c-va.shtml
in cui spiega che "Gli impianti sono fermi da anni" perché "Per approvare un parco eolico o fotovoltaico servono cinque passaggi autorizzativi: 1) Via Ministero ambiente; 2) Via regionale; 3) Conferenza dei servizi; 4) Autorizzazione per l’impianto specifico; 5) Licenza di officina elettrica. E poi altri sei per connetterlo alla rete di Terna. Tempo: sei, sette anni." Cioè ben 11 (undici) autorizzazioni. Ma precisa: "Quando va tutto bene. Perché Regioni, Comuni, Province spesso bloccano i progetti non graditi ai loro cittadini. Solo in Puglia 396 impianti piccoli e grandi sono fermi da 8 anni. Nel Lazio 126, per 2,2 miliardi di investimenti tra Viterbo e Latina, sono stati fermati dal Ministero della Cultura. Ma la Regione ha appena deciso di metterci del suo con il completo blocco ai nuovi impianti in attesa di una riorganizzazione delle aree su cui installarli. Una moratoria che è stata già bocciata dal Consiglio dei ministri, che l’ha rimandata alla Consulta perché lederebbe il principio di leale collaborazione Stato-Regione."
... e segnalo anche l'intervista a Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente:
"Le soprintendenze frenano la transizione ecologica"
https://www.repubblica.it/green-and-blue/2021/05/19/news/legambiente_accusa_le_soprintendenze_frenano_la_transizione_ecologica_-301656639/
in cui dice che "Le soprintendenze sono e saranno nostre alleate quando si tratta di combattere cementificazione selvaggia e speculazione edilizia. Ma sulla transizione ecologica proprio non ci siamo. Occorre un cambio culturale, non può essere che ogni mutamento del territorio sia bocciato a prescindere dalle soprintendenze".
Io penso che sia necessario fare più informazione anche per cambiare la percezione "estetica" che abbiamo degli impianti a fonti rinnovabili (eolico e fotovoltaico). Come dice Ciofani: "Chi ha studiato sui testi sacri dell’impatto ambientale probabilmente considera un orrore modificare il paesaggio con una torre eolica. Ma il paesaggio italiano è sempre stato modificato: dagli acquedotti romani, dalle cupole, dalle autostrade. Ci sono cose che vanno fatte bene, ma vanno fatte".
Non abbiamo mai protestato tanto contro le ciminiere, i tralicci della corrente elettrica, gli svincoli autostradali, i viadotti ecc., probabilmente perché "ci servono". E siccome le torri eoliche e i parchi fotovoltaici "ci servono" eccome, forse dovremmo abituarci a guardarli con altri occhi. D'altra parte, come aggiunge Ciofani, "Va chiarito un punto: le rinnovabili modificheranno alcuni paesaggi ma permetteranno la bonifica di tanti altri. Grazie all’elettricità prodotta con il sole e con il vento potremo abbattere le ciminiere delle centrali di Civitavecchia, Brindisi, Sulcis, La Spezia, Vado Ligure, quella di Genova, vicino alla Lanterna, anche se tutti fanno finta di non vederle, soprintendenze comprese".
Conversazioni con Alessandro Peressotti
Segnalo questo documento:
How solar energy could power Italy without using more land
https://www.nature.com/articles/d43978-021-00048-z
ed il relativo piano di azione
A Strategic Plan for Research and Innovation to Relaunch the Italian Photovoltaic Sector and Contribute to the Targets of the National Energy and Climate Plan
https://pvimpact.eu/news-resources/reports/download/a-strategic-plan-for-research-and-innovation-to-re
Il progetto a livello nazionale sviluppato dalla quasi totalità del settore innovazione italiano nel PV prevede la costruzione di prototipi di impianti e infrastrutture ma contemporaneamente la loro valutazione con obiettivi e target molto precisi e ben quantificati. Lo ritengo rilevante a sostegno di molte considerazioni e valutazioni fatte ieri durante l'incontro e coerente con la proposta di cominciare subito con investimenti regolati e monitorati ma di investire in ricerca.
Grazie Alessandro per il contributo. Leggerò con attenzione i documenti che suggerisci, però mi pare che confermino chiaramente che il solare sui tetti non potrà fornire che una parte dell'energia necessaria per la Transizione al 2050, anche utilizzando moduli più efficienti, e che perciò bisogna sforzarsi di trovare una soluzione per gli impianti a terra. Questo confrontando i 50 TWh/anno citati a metà del secondo articolo con i 650 TWh/anno stimati dal PNIEC sempre per il 2050.
Controllerò comunque meglio i dati e ti farò sapere. Ciao e grazie.
Ritorno per precisare la mia risposta ad Alessandro. Ho controllato meglio. In realtà l'articolo che hai citato rimanda a un altro articolo che ha stimato in 120 GWp il potenziale PV sui tetti in Italia, dato abbastanza in linea con la previsione dell'ISPRA in https://www.snpambiente.it/2021/07/14/consumo-di-suolo-dinamiche-territoriali-e-servizi-ecosistemici-edizione-2021/
Ma anche questo non basterebbe. D'altra parte, utilizzando l'1% del territorio nazionale con impianti a terra si potrebbero installare circa 220 GWp e produrre circa 270 TWh/anno (con efficienza dei pannelli 17% e copertura effettiva del suolo del 43%). Con l'una e l'altra cosa (e un apporto non trascurabile dell'eolico e del risparmio energetico), si raggiungerebbe l'obbiettivo per il 2050. Se gli impianti a terra fossero realizzati con criteri tali da rispettare la biodiversità e le funzioni del suolo, e solo metà di questa superficie fosse superficie agricola (sacrificando cioè circa l'1.2% della SAU attuale), l'impatto sulla produzione agricola sarebbe assolutamente sopportabile sia per l'ordine di grandezza sia in vista della contropartita, ossia la transizione energetica al 2050 (se si vogliono risolvere i problemi dell'agricoltura, non è certo con le moratorie del fotovoltaico; ci sono ben altre domande da farsi, a cominciare dagli effetti della globalizzazione ecc. ecc.). A questo punto le "remore" al fotovoltaico a terra sarebbero essenzialmente di natura estetica (purtroppo, i pannelli "si vedono").
Se parliamo del "bello", rischiamo di andare forse troppo sul filosofico. Ma proviamoci. Che cosa è "bello"? Sono belle le ciminiere, le zone industriali, gli svincoli autostradali, i parcheggi, i parchi commerciali? Bello è ciò che evoca sensazioni gradevoli, io penso. E se penso che con una transizione energetica potremmo salvare il nostro ambiente e lasciare in eredità alle future generazioni un mondo migliore, allora io trovo che "il fotovoltaico" (come l'eolico ecc.) è bello; molto più bello di un ambiente irreversibilmente degradato.
Ciao e grazie
Conversazioni con Gianfranco Pergher
Buongiorno, oggi segnalo l'articolo di Repubblica:
Cop26, i parlamentari italiani da Cingolani: "Combattiamo la sindrome Nimby per facilitare le rinnovabili in Italia"
di Luca Fraioli
https://www.repubblica.it/green-and-blue/dossier/cop26/2021/11/11/news/cop26_incontro_cingolani_parlamentari_italiani_boga-325983670/
in cui Alessia Rotta, parlamentare PD e presidente dalla Commissione Ambiente della Camera, dice: "Per accelerare la transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili il Parlamento italiano deve sconfiggere la sindrome Nimby (not in my backyard, non nel mio giardino) che troppo spesso ferma i nuovi progetti di eolico e solare nel nostro Paese".
L'articolo spiega che "il cammino verso le rinnovabili è irto di ostacoli, a cominciare dalla opposizione di molte Regioni e comunità locali che non vogliono pale e pannelli sul proprio territorio."
E Alessia Rotta aggiunge: "Il Parlamento si adopererà perché la sindrome Nimby non ostacoli più questo processo. Ci vogliono criteri chiari che, tenendo conto del necessario equilibrio tra esigenze energetiche e rispetto del paesaggio e della produzione agricola, definiscano a livello nazionale cosa si può costruire e dove. Definiti i criteri gli obiettivi vanno allocati alle Regioni, un processo che al momento dura un anno. Lavoreremo per renderlo più veloce".
Mi sembra che tutto questo vada nella direzione auspicata da questa Agorà e concretizzata nelle Proposte, che invito a sostenere. In ogni caso, grazie ad Alessia Rotta e a tutti i parlamentari del PD che si stanno dando da fare. Il cambiamento climatico non aspetta!
Saluti a tutte e a tutti.
Bellissima notizia, grazie Gianfranco
Buongiorno a Tutti,
se Vi fa piacere, in questo link trovate alcune slides che abbiamo proposto
in Commissione Urbanistica nel ns Comune di Roveredo in Piano:
http://www.civicaroveredo.it/2021/04/11/recovery-plan-1-le-nostre-proposte-per-i-cittadini-di-roveredo/
buona lettura!
Giovanni Biason
Conversazioni con Mauro Fraticelli
Buongiorno a tutti,
Poiché sono entrato da pochissimo nella iniziativa delle agorà democratiche non so se quanto sto per dire sia già stato accennato oppure no, ma provo comunque a proporre.
Una iniziativa da indagare nel breve termine dovrebbe riguardare l’utilizzo dei parcheggi cittadini per la installazione di fotovoltaico attraverso una copertura dei parcheggi stessi. Il modello da applicare dovrebbe utilizzare le comunità energetiche e privilegiare il consumo sul posto. Lo scenario immediato si riferisce soprattutto alle aree cittadine periferiche dove esiste una discreta possibilità di istallazioni di questo tipo con parcheggi di dimensioni adeguate e in posizione adatta per la produzione di energia da FV, con una distanza accettabile dalle cabine di distribuzione a media e bassa tensione collegate alle utenze residenziali e commerciali. Ho fatto una prova intorno alla mia zona (Roma subito all’interno del GRA) e nel raggio di 500m in linea d’aria ho calcolato circa un ettaro di potenziale copertura con le caratteristiche indicate. Replicando a scala più vasta sul territorio italiano è possibile raggiungere in brevissimo tempo almeno 1GW di potenza installata.
Non è ovviamente un passo risolutivo ma contribuisce ad alleviare il carico sulla rete di distribuzione soprattutto se in concomitanza con sistemi di accumulo e gestione di produzione/consumi in ottica Smart Grid, in prospettiva potrebbe essere un centro di ricarica per la mobilità elettrica.
Potrebbe essere messo in atto inizialmente da istituzioni locali (comune o Municipio che ha proprietà di utilizzo delle aree interessate) e con il coinvolgimento (almeno per i primi esempi) dei distributori collegati al comune (Acea per Roma).
Soprattutto potrebbe dare una dimostrazione dei vantaggi delle comunità energetiche trainando interessi privati e spronando magari anche la replica con utilizzo dei tetti condominiali che oggi soffrono di un effetto nimby che ne impedisce la diffusione tra diffidenza verso la convenienza e la paura strutturale.
Ottime considerazioni, che in effetti abbiamo in parte affrontato anche durante la nostra riunione online. Mauro, potresti quindi dare sostegno alle nostre 5 proposte qua sopra? (Ovviamente se ti trovano d'accordo). Basta cliccare il tasto "sostieni" di ognuna delle proposte. Grazie, ciao
Buon lavoro !
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