
Agorà Democratiche
AGORÀ DEMOCRATICHE
L'attuale configurazione nostro sistema finanziario è davvero ancora funzionale allo sviluppo del Paese ?
In Italia, il sistema bancario è sempre stato - rispetto ad altri paesi ad economia avanzata - il principale canale di collegamento fra il risparmio delle famiglie e le richieste di finanziamento delle imprese. Il recente verificarsi di dolorosi default di alcune aziende bancarie, accanto a fenomeni di natura più macroeconomica (prima l'intervento di un ciclo economico severamente recessivo e poi, più di recente, la forzata inattività imposta da una inattesa pandemia ) hanno tuttavia allentato questo rapporto. Infatti, nelle banche giacciono inutilizzati risparmi dei depositanti in una dimensione senza precedenti ed, al tempo stesso, è cresciuta anche la ritrosia delle banche nel concedere nuovi finanziamenti a seguito dell'innalzamento del rischio di perdite su crediti: il fenomeno dei cd crediti non performing (NPL). In sintesi, né i risparmiatori né le imprese vedono più nel sistema bancario quel ruolo che in passato era stato pressochè esclusivo per favorire l'incontro fra i loro rispettivi e complementari interessi. Come se non bastasse, il prorompente sviluppo della tecnologia digitale e dei social hanno portato elementi di novità nel tradizionale mondo dei servizi finanziari ( si pensi, uno per tutti, agli effetti dell'internet banking rispetto al tradizionale utilizzo della rete delle filiali bancarie per la gestione dei rapporti con la clientela) ed anche addirittura consentito l'offerta - direttamente da parte dei gestori delle principali piattaforme - di alcuni dei servizi in passato tradizionalmente riservati agli intermediari bancari. Tutto ciò impone da un lato un profondo ripensamento del comparte economico rappresentato dalle banche (con un sempre maggior taglio sia di risorse umane che di localizzazione fisica) e ,dall'altro, richiede un ripensamento critico dell'attuale assetto delle Autorità di Vigilanza (Bd'I e Consob) preposte a garantire - oltre alla stabilità del sistema finanziario - anche la trasparenza e la correttezza nei rapporti con i clienti e con gli investitori. Insomma, un vero e proprio riesame, a 360 gradi, di uno snodo - quello bancario e finanziario - che continua ad essere centrale per lo sviluppo dell'intero sistema economico del ns Paese.
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1 commento
Il problema posto è di assoluto rilievo e - mi spingo a dire - centrale in un processo di crescita a di trasformazione della società italiana in linea con le sfide del momento storico che stiamo vivendo.
E' vero che sembra essersi ridotto il ruolo delle banche quali cinghia di trasmissione tra i diversi soggetti che operano nell'economia reale, famiglie e imprese in particolare. C'è da chiedersi se sia ancora necessario, almeno nei termini che abbiamo appreso a scuola.
Vero è che negli ultimi trent'anni il sistema bancario ha sofferto di immobilismo interno:
- la spinta riformista del 1993 (privatizzazione, concentrazione e despecializzazione) si è infatti impantanata nella incapacità strutturale degli Istituti di "stare" davvero sul mercato (idee buone, execution condizionata dalla vecchia mentalità del protezionismo pubblico);
- con l'eccezione di pochi e sporadici casi, l'innovazione di prodotti e servizi è stata pressoché nulla, protetta dai vecchi schemi di generazione dei margini (spread e oneri);
- la spinta forte alla concentrazione ha prodotto affastellamenti di processi e tecnologia, rimandando sempre nel tempo costosi e impegnativi progetti di fusione effettiva (deleteri per i bonus dei top manager) e favorendo la crescente inefficienza operativa;
- la visione miope di spingere sui servizi di prossimità (operazioni di cassa presso sportelli) hanno concentrato le attenzioni e le strategie sul front-end, dimenticando la necessità di coprire con processi, tecnologia e competenze l'intero ciclo del credito (come se un cliente, una volta acquisito, non avesse più un rilievo in termini di mutazione dei bisogni, di cambiamento delle abitudini, di aggiornamento del proprio profilo di rischio e di opportunità.
Questo immobilismo strutturale ha così costruito un muro granitico verso il mercato anziché un sistema adattivo, capace di fa fronte alle congiunture: tutti gli anni 2000 hanno finito col produrre brecce, sgretolare il muro e mostrare come il re fosse nudo.
Ritengo che questa specie di disastro gestionale debba essere additato ai manager bancari e a chi ha accettato (o finto di non vedere) scelte miopi e castranti.
Dunque, c'è una pressoché intera classe dirigente da sostituire, una strategia commerciale da basare sul servizio e non sul prodotto, un sistema di obiettivi e di premi da rendere coerente con una visione strategica dell'intero ciclo del credito verso famiglie e imprese (evitando verso queste ultime interventi sistematici volti a sostenere l'imprenditore e non lo sviluppo del suo business, arrivando persino a sostituirsi al suo apporto di capitale in azienda).
La banca del futuro deve diventare un'azienda capace di puntare sul servizio e sull'efficienza dei suoi processi.
Serve una rivoluzione culturale: nei giovani possiamo riporre questa speranza.
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