
Agorà Democratiche
AGORÀ DEMOCRATICHE
L’agricoltura tra nuove schiavitù e modernità
In Puglia, come in altre regioni d'Italia, nell’ultimo decennio si sono formati dei veri e propri ghetti fatti di baracche, in cui vivono migliaia di braccianti stranieri. Spesso sono sorti a ridosso di vecchie borgate agricole disabitate, altre volte sono sorti spontaneamente. Questi ghetti sono costituiti di baracche realizzate con materiali di risulta e, quasi sempre, non sono dotati di elettricità, acqua e fognature. Lavorano tutti sotto un caporale. Sono i nuovi schiavisti. I loro cellulari, che d’estate diventano bollenti, servono a mediare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro nell’agricoltura del ventunesimo secolo. Sono loro a fornire ai proprietari terrieri squadre di lavoro “disciplinate” i cui membri accettano di lavorare per meno di venti euro al giorno senza alcuna forma contrattuale. Giornate costituite da 12-14 ore giornaliere e dalla loro misera retribuzione dovranno togliere una parte per il caporale, una per il trasporto e un’altra per il vitto e l’alloggio. Qui i migranti sono abbandonati a se stessi. Mafie e criminalità si nutrono della loro vulnerabilità e senza alcun contratto per i migranti è impossibile ottenere documenti ed avere accesso ai diritti. Si può parlare di nuova schiavitù? La nuova schiavitù può essere individuata attraverso la presenza di tre elementi distintivi: • l’involontarietà, nel senso che lo schiavo non può fuggire dal controllo imposto, non ha quindi scelto volontariamente di sottomettersi (Bales, 2007); • nel forte sfruttamento economico (Craig et al., 2007) che si può manifestare, ad esempio, nell’assenza di un compenso monetario o nell’acquisizione di una somma talmente limitata che permette la sola sopravvivenza dell’individuo (Bales, 2007); • l’esistenza o la prospettiva della violenza, tenendo presente, in ogni caso, che la violenza fisica o psichica ha diversi gradienti e deve essere sempre contestualizzata (Moravcsik, 1998). Il Governo della Regione Puglia in questi anni ha intrapreso un lavoro di contrasto a queste nuove forme di schiavitù. Diversi ghetti sono stati liberati e distrutti. Ha realizzato delle foresterie per garantire un livello di vita accettabile, ha censito i ghetti esistenti ed ha realizzato interventi di screening sanitario. Tutto questo rappresenta un primo fondamentale passo ma la strada da compiere è lunga. L’obiettivo è essere sicuri che nelle case degli italiani e del resto del mondo non arrivino alimenti ottenuti con lo sfruttamento di esseri umani. SI individueranno proposte, partendo dall’esperienza pugliese, di processi che da un lato possano garantire la crescente richiesta di manodopera in agricoltura e dall’altro creino occasione d’integrazione e di rispetto dei diritti essenziali della persona.
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