
Agorà Democratiche
AGORÀ DEMOCRATICHE
Gli Italiani senza cittadinanza
30
ottobre
2021
10:30 - 12:30
Riferimento: AD--MEET-2021-08-85
Versione 57 (di 57) vedi altre versioni
Ci confrontiamo sul tema dello ius soli e dello ius culturae, delle forme di ingresso al nostro Paese e a tutta l'Unione Europea, perché riteniamo che la riforma dell’accesso alla cittadinanza italiana sia una necessità non più rimandabile.
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Conversazioni con Aldo Amoretti
Immigrazione non è solo Jus soli. E va fatto un ragionamento sulle ragioni del fiasco realizzato con l'ultima regolarizzazione.
Vanno messe a punto tre questioni.
1. Va organizzato il reclutamento di persone inseribili nel lavoro e nella vita sociale. Per esempio adesso non si trovano badanti, è esaurito il filone dall'Est. Bisogna importare persone da America latina e Africa. Formarle a casa loro con un minimo di lingua italiana e di regole (diritti e doveri) del vivere in Italia; quindi organizzare il viaggio e inserirle nel lavoro, meglio in imprese di servizi (molte coop) piuttosto che dipendenti da famiglie. Quando la badante convivente perde il lavoro perde anche il tetto sopra la testa. Bene ha fatto una associazione di Bologna (Migrazioni) organizzando due appartamenti a uso foresteria. Occorre sostenere queste soluzioni e l'associazionismo anche sindacale multietnico degli immigrati. E ci vuole un sostegno fiscale importante alle famiglie che li mettono in regola. Un sostegno più importante a chi compra il servizio da una coop nella quale la lavoratrice può farsi socia. Sarebbe un progresso da tutti i punti di vista. Anche in agricoltura va organizzata l'accoglienza. Una parte del salario dovuto potrebbe essere versato a un fondo che organizza luoghi per dormire, lavarsi e cucinarsi vivendo civilmente. Se no a che servono gli Enti bilaterali la cui bontà è così tanto sbandierata sia dai sindacati che dalle associazioni dei padroni?
2. Vanno accolti quelli che fuggono da guerre, persecuzioni, regimi dittatoriali e similari. Accolti, formati, inseriti nei lavori possibili valorizzando le loro doti nel nostro stesso interesse.
3. Vanno salvati quelli che rischiano di affogare o che si presentano nudi alle frontiere terrestri. Se provengono da paesi con i quali ci siano convenzioni vanno riportati a casa. Se no bisogna dividerli con gli altri paesi europei e inserirli come sopra.
Non sta in piedi la tesi delle porte aperte a tutti. Non c'è un paese al mondo che adotti una tale politica. Se lasciamo correre questa propaganda di Salvini per la quale noi vorremmo le porte aperte a tutti non ce la caviamo e anche la nostra gente non ci segue.
Aldo Amoretti
Caro Aldo, certo, concordo che l'immigrazione non sia solo lo "ius soli", e che il principio "porte aperte a tutti" non sia praticabile. Però, alcune precisazioni mi sembrano importanti, sui 3 punti che hai evidenziato: 1. Non ti offendere, ma l'espressione "importare persone" proprio non mi piace: non si tratta di merci ma di esseri umani. Ciò detto, è vero che l'attuale sistema di inserimento lavorativo (in base al TU 286/1998 e successive modifiche) è del tutto insufficiente, i numeri consentiti nei DM per i flussi annuali sono risibili e non risolvono il problema regolarizzazione/inserimento dei cittadini stranieri, perciò per ora bisogna ricorrere sistematicamente alle sanatorie, ma è auspicabile un nuovo sistema di accoglienza più ampio. 2. Nessun dubbio, ma ricordiamoci che non gli facciamo un favore: chi fugge da guerre e persecuzioni ha un DIRITTO costituzionale (art. 10 comma 3 Cost.) all'asilo politico in Italia! 3. Anche qui, nessun dubbio che i naufraghi vadano salvati, non c'è neanche bisogno di specificarlo, però attenzione col "vanno riportati a casa": nel nostro ordinamento giuridico le deportazioni di massa sono vietate, ma occorre esaminare i casi individuali uno per uno, e decidere se c'è o no il diritto per ciascuno/a alla protezione internazionale. Marco Rossi (Firenze)
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