
Agorà Democratiche
AGORÀ DEMOCRATICHE
Piccoli Comuni, grandi comunità
02
dicembre
2021
15:30 - 18:30
Conteggio dei partecipanti
50
Organizzazioni partecipanti.
-
Riferimento: AD--MEET-2021-08-90
Versione 25 (di 25) vedi altre versioni
I piccoli Comuni sono storicamente l'ossatura dell'Italia democratica e repubblicana, luoghi del confronto, della progettazione partecipata e, da ultimo, emblema della resilienza italiana. Non è più rinviabile il tempo di un loro riposizionamento istituzionale che ne rafforzi storia e identità. Garantire l'accessibilità e la qualità dei servizi a tutti i cittadini deve essere la priorità del Partito Democratico e del Centrosinistra.
Sintesi dell'Agorà
-
Proposte correlate:
Segnala un problema
Questo contenuto è inappropriato? Facci sapere perché
15 commenti
Quella dei piccoli comuni è una situazione che diventa sempre più insostenibile, sia per quanto riguarda gli amministratori a cusa di retribuzioni a sindaci ed assessori assolutamente ridicole se confrontate con il mercato del lavoro per figure simili in termini di competenze e responsabilità, sia per i quadri apicali per le stesse ragioni. Si assiste ad un ricambio continuo dei responsabili di settore, causa la migrazione verso comuni più grandi, questo si riflette sulla vita dei cittadini dei piccoli comuni che avranno sempre una offerta minore, sia quantitativa che qualitativa, rispetto a coloro che abitano in comuni più grandi.
Tutto vero quello che dice Tiziano, ma la soluzione non può essere quella di rivedere l’assetto istituzionale nel suo complesso? Prima o poi bisognerà riprendere seriamente il tema di una complessiva ridorma istituzionale, cercando di difendere la democrazia anche rendendola più efficace ed efficiente nel rispondere ai problemi, in una fase di veloci mutamenti.
In Lombardia ci sono Comuni che hanno la popolazione di un grosso condominio: ha senso? Sappiamo che in Italia la tradizione dei municipi è storica e molto radicata; è difficile unire, mentre è facile dividere (sono più le frazioni di Comuni che vogliono rendersi autonome e accorparsi ad altri Comuni, che i Comuni che vogliono unirsi ad altri).
Però bisogna trovare un modo, per quanto graduale, per andare verso economie di scala più ragionevoli (centri sportivi per ogni Comune piccolo? Piscine?), magari, come in parte si sta facendo, iniziando da alcuni servizi (le varie Ato sui rifiuti, acqua, gas, ecc.). Prima o poi si dovrà passare anche ai livelli istituzionali.
Si tratta forse di ripensare il concetto di sussidiarietà ad ogni livello, perché difficile volere insieme gli Stati Uniti d’Europa e anche aggregazioni di 1.000 abitanti con tanto di Consiglio comunale, Giunta, Sindaco e tutta la maggior parte dei servizi pubblici.
Un tema che probabilmente richiede una campagna culturale di preparazione prima della battaglia politica e parlamentare, evitando l’errore di Renzi (oltre ad alcuni difetti della sua riforma costituzionale) di troppa fretta e personalizzazione, con il risultato non solo di perdere il referendum, ma anche di rendere più difficile riproporre il tema, che invece è urgente, se vogliamo che i cittadini vedano le istituzioni come qualcosa che risolvono i loro problemi invece di complicarli.
Nel breve tempo non penso sia possibile risolvere il problema dei piccoli Comuni incrementando la spesa corrente; anzi finita la parte critica della pandemia, bisognerà pensare a come razionalizzarla a tutti i livelli, aumentando in un settore compensando con la riduzione in altro. Non credo che si possa andare oltre quello che sta già facendo l’Anci in occasione delle annuali finanziarie.
Conversazioni con GIORGIO
Il problema dei piccoli comuni non ha trovato ancora una risposta adeguata ai tanti problemi che ogni giorno un aministratore e un cittadino di queste realtà vive. Da ex sindaco di un "paese francobollo", come scherzosamente lo chiamava una mia amica, mi sono reso conto delle tante difficiltà presenti che non hanno trovato risposta dal 2004 (ultimo anno del mio mandato) a ora.
La cosa più soprendente è la mancanza di una normativa che salvaguardi la peculiarità dei piccoli centri al di sotto dei 3-5 mila abitanti. Nel mio piccolo comune fatto da un capoluogo di 900 abitanti e di 24 frazioni sparse per un ampio territorio montano vigono ad es. le stesse normative urbanistiche di Firenze. Ogni frazione ha un suo "centro storico" con normative che hanno la stessa rigidità di quelle del Centro storico di Firenze, di Roma o di Venezia. Tutte lle norme dovrebbero tener conto della complessità del territorio italiano che necessità (probabilmente anche fiscalmente) di regole e norme diversificate.
L'urbanizzazione degli anni 50/60 ha svuotato intere comunità spingendo ingenti masse di uomini e di donne verso la città con increscosi abbandoni di quella storica "ossatura dell'Italia democratica e repubblicana, luoghi del confronto, della progettazione partecipata e, da ultimo, emblema della resilienza italiana". Nè valgono i miti di quelle poche isole felici che pur ci sono. Certo esistono problemi. Ma vi sono anche possibili soluzioni. Solo attraverso incentivi (finanziarie, strutturali e di servizi) potrà essere possibile tamponare una fuga di cervelli, di anime e di cuori che continua a ritmo incessante, nonostante la precaria presenza di immigrati dall'est e dal sud del mondo.
Da tempo non credo più alle "fusioni" tra Comuni. Le Unioni (per molte ex Comunità montane) lasciano il tempo che trovano e sono ben al di là delle positive aspettative in cui si sperava. Al momento restano le possibili "convenzioni" tra comuni singoli o associati che richiederebbero un vero e proprio restyling.
Non è vero che nei piccoli comuni vi è una maggiore partecipazione alla "res publica". In piccolo si riprentano li stessi problemi dei grandi Comuni, spesso con un Podestà di turno che con la sua maggioranza fa e disfà.
E' giunto il momento di una legislazione più vincoolante per la partecipazione dei cittadini a partire dall'obbligo del Bilancio sociale. Ritengo che l'idea di democrazia rappresentativa ottocentesca debba trovare nuova linfa dalla tecnologia (I.A. e blockchain tanto per citare i più gettonati). E' il tempo di proporre nuove forme di democrazia partecipativa, in istretta interazione con quella rappresentativa. Uno spazio enorme per quell'INTELLIGENZA COLLETTIVA che Enrico Letta ha giustamente riscoperto dopo anni di oblio!
Piccoli Comuni, Grandi Comunità? Un processo ancora tutto da costruire.
Buongiorno la strategia è Comunità, nel senso complessivo della parola e del risultato che vorremmo ottenere.
Cos'è una comunità?
E solo l'insieme istituzionale o dovrebbe andare oltre, quale oltre?
Oltre all'istuzionalità della vita politica la comunità ha la necessità a mio modesto avviso di non lasciare nessuno solo di contribuire socializzare lettere assieme singole persone le quali contribuiscono alla vita comunitaria, per farlo oltre a finaziare iniziative ludiche sociali, servirebbe un progresso culturale questo avrebbe inizio comunicando un racconto alternativo a quanto sta avvenendo, racconto di iniziative di storia con esperienze vissutte e allo stesso tempo riportate, racconti fatti di analisi e progetti inclusivi. Il Partito democratico è l'unico a poterlo applicare, esercitare, raccontare.
c'è chi pensa di trasformare i piccoli comuni in Borghi con punti di interesse storico e non . Ripristinare l'idea della bottega di paese con prodotti tipici dei luoghi .E' indubbiamente difficile la realizzazione visti gli attacchi sul territorio di Supermercati che solo apparentemente hanno prezzi bassi .Sono consapevole delle difficoltà di carattere strutturali come viabilità ,trasporti e conformazione geografica del territorio e qunt'altro .La trasformazione in meglio richiede volontà e qualche sacrificio a vantaggio di una migliore vivibilità
Purtroppo la realtà è complicata, a mio modo di vedere è perché la popolazione sta invecchiando sempre più e vivere nei piccoli comuni soprattutto in montagna è molto difficile, anche perché chiudono negozietti e i servizi sono scarsi. Nella mia realtà dell'appennino bolognese, le persone cercano di venire a vivere nel paese a valle, Porretta Terme. Bisognerebbe dare lo stipendio a chi tiene aperto un bar o alimentari nelle piccole frazioni, oltre a promuovere come dice l'amico nel messaggio prima, la creazione di borghi turisticamente appetibili.
Salve.
Mi chiedo e chiedo gentilmente , potrebbe essere importante provare ad unire i diversi e piccoli Comuni?
Potrebbe essere importante aiutare e sostenere economicamente le persone che decidono di investire la propria vita in questi luoghi? Le risorse economiche da destinare a queste persone devono essere progetti a lungo termine (da un minimo vent'anni)?
La tecnologia ed il progresso scientifico, possono aiutarci ad accorciare le distanze tra città e zone rurali?
In ultimo, potrebbe essere importante iniziare dai centri rurali una seria e severa (senza fanatismi e radicalizzazioni) battaglia per l'ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici? Far sentire le persone che abitano in questi piccoli centri (spesso delle vere e proprie perle di bellezze e di biodiversità.) portatori di valori europei ed italiani fondamentali ?
Grazie dell'attenzione.
Cordiali saluti.
Buonasera, il ripopolamento dei piccoli comuni e delle comunità montane rappresenta uno degli effetti positivi conseguenti ad un progetto semplice ma di realizzazione complicata.
L'educazione al lavoro per disoccupati, cassa integrati, inoccupati, percettori di reddito di cittadinanza, per arrivare fino agli immigrati senza lavoro regolare e anche ai soggetti con limitazioni alla libertà per disposizioni giudiziarie, per tutte queste figure l'educazione al lavoro passa dal fornire l'opportunità di svolgere lavori umili finalizzati al rimboschimento delle aree montane, dalla pulizia dei letti dei fiumi e torrenti, dal mantenimento delle aree destinate a prati e giardini.
È necessario governare in maniera coercitiva questi processi formativi e per questo si potranno impiegare in maniera utile e produttiva i militari, compresi quelli impiegati in missioni all'estero.
Il mio progetto prevede che l'alloggio per tutti questi operatori si troverà proprio nelle case abbandonate dei borghi montani e collinari. Sarà necessario ristrutturarle ma il beneficio che si otterrà a regime sarà molto più ampio rispetto alla spesa iniziale.
Per quanto riguarda il vitto, si riapriranno piccoli negozi di alimentari.
L'ottica principale del progetto sta nel cercare di evitare l'aggravamento del degrado del territorio dando lavoro e formando al lavoro coloro che oggi percepiscono denaro senza dare o fare nulla in cambio. Niente per niente.
Alla fine magari andranno a vivere proprio nei borghi oggi abbandonati o quasi.
Mi piacerebbe ampliare il dibattito anche ad altre tematiche coinvolte nel progetto.
Buonasera a tutti
Conversazioni con Carla Micheletti
Per contrastare lo spopolamento dei piccoli comuni bisognerebbe innanzitutto agire a livello normativo verso una fiscalità di vantaggio. Chi investe nelle zone delle aree interne, quindi piu' depresse e svantaggiate dal punto di vista demografico, dovrebbe esser e agevolato. A partire dal piccolo imprenditore che apre un negozio al dettaglio, una piccola impresa artigianale/ commerciale ecc. In montagna, nelle aree a cosiddetto fallimento di mercato, nel corso degli ultimi 20/30 sulla base di scelte politiche (sbagliate) che hanno privilegiato l'accertamento nelle aree urbane, si e' assistito allo smantellamento dei servizi essenziali :uffici postali, scuole sanita' territoriale ecc. Bisogna invertire la rotta.
Per esempio per fare fronte all'emergenza demografica occorrebbe stanziare contribuiti in favore delle giovani coppie che decidono di comprare casa in montagna per risiedervi come ha fatto l' Emilia Romagna, la regione dove risiedo,che ha stanziato euro 30.000 a coppia. Questa a mio avviso e' una scelta politica che va nella giusta direzione che deve essere affiancata a politiche di potenziamento dei servizi territoriali, soprattutto quelli sociosanitari.
Buonasera. Sono d'accordo, occorre una "rinnovata attenzione" ai piccoli comuni e alle realtà interne. E seguendo il suo ragionamento a me sembra altrettanto indispensabile che le persone già residenti e le persone che decidono di investire il loro futuro in questi luoghi, ricevano aiuti e sostegni (coinvolgendo sia le risorse pubbliche sia le risorse dei privati), in diversi campi e non solo nel campo economico. Grazie dell'attenzione. Cordiali saluti.
Da cittadino che è nato e vive in un piccolo, antico, paesino della Calabria Citeriore posso ben dire, lapidariamente, per i piccoli Comuni, zero chiacchiere! Servono, subito e solo, fatti, fatti, fatti! Ovviamente, condivido, perché è grande, vera, giusta e lungimirante la "Visione" tracciata in premessa, cioè: "I piccoli Comuni sono storicamente l'ossatura dell'Italia democratica e repubblicana, luoghi del confronto, della progettazione partecipata e, da ultimo, emblema della resilienza italiana. Non è più rinviabile il tempo di un loro riposizionamento istituzionale che ne rafforzi storia e identità. Garantire l'accessibilità e la qualità dei servizi a tutti i cittadini deve essere la priorità del Partito Democratico e del Centrosinistra"... Ma, nel merito, come ogni verità malcelata, nascosta, vi dico Basta ipocrisie! I "piccoli paesi" hanno bisogno di serietà, di concretezza e dignità, non di retorica, men che meno di demagogia... Come dire, sia chiaro a tutti che - dopo 74 anni trascorsi ad ascoltare il canto delle solite "Sirene" per risolvere le nostre risorgimentali fragilità - comunque, noi siamo, del tutto, consapevoli dei nostri diritti fondamentali traditi! Sia chiaro a tutti, pertanto, che nei piccoli comuni viviamo già, con fiero coraggio, nell'amarezza, nella certezza, nella verità che, ormai, "Noi" siamo, solo gli "Ultimi Resistenti"!!!
I problemi dei piccoli comuni hanno molte facce, e richiedono molti approcci differenti, come emerge dal dibattito che precede. Per tenersi alla struttura organizzativa, bisogna riconoscere che la maggior parte dei comuni italiani non ha la dimensione e necessaria ad affrontare i compiti che le sono affidati. Occorre proseguire sulla strada dell'intercomunalità; in questo senso l'esempio francese è da studiare. Le nuove amministrazioni provinciali disegnate dalla riforma Del Rio, con gli organi istituzionali eletti dagli amministratori comunali, si prestano bene a diventare agenzie di servizi per i comuni; ma bisogna puntare in questo senso con più convinzione. Richiamo anche l'esempio della Unione dell'Imolese, in Emilia Romagna, dove per cominciare tutti i dipendenti comunali sono stati trasferiti in blocco alle dipendenze dell'Unione, e costituiscono un unico contingente che provvede, opportunamente dislocato per giornate e orari, ai bisogni operativi di ciascun comune; mentre ogni comune conserva la propria autonomia deliberativa. Mi sembra che l'esperimento funzioni.
Ho seguito attentamente gli interventi di ieri all'Agorà, trovandoli istruttivi e davvero interessanti. Dovendomi soffermare però su un punto solo, concordo con Cecilia sulla necessità di trasporti. In alcuni casi servono trasporti più efficienti, in altri questi sono proprio assenti e questo fa una grande differenza sulla qualità della vita. Se devo decidere di trasferirmi in un piccolo comune, sicuramente non lo faccio per le comodità, metto in conto che avrò meno servizi rispetto alla città. Ma se, ad esempio, per raggiungere Bologna da San Mauro Pascoli devo prendere l'auto per andare nel Paese vicino, prendere uno dei pochi treni a disposizione e farmi 1h 20 di viaggio non contando i costanti ritardi. Beh, a questo punto è difficile che io decida di trasferirmi. Lo stesso discorso può essere fatto per distanze più brevi. Anche solo raggiungere il Paesino vicino può essere un problema in alcuni casi.
Questo è, a mio parere, una delle priorità su cui lavorare per attrarre nuovi cittadini nelle nostre città e soprattutto giovani.
Mi sembra che ci sia condivisione su diversi punti ed in particolare sulla necessità non rinviabile di un impegno concreto verso le piccole comunità. I servizi sono la cosa essenziale per garantire una permanenza della popolazione oltre ad attrarre nuovi ingressi. Prendiamo ad esempio la sanità, le case della salute debbono trovare realizzazione anche nei piccoli comuni, necessario avere presenze di sanitari in tante specialità sul territorio anche per evitare tanti spostamenti ad anziani e bambini che comportano accompagnatori. Per quanto riguarda i negozi, visto anche i problemi di sostenibilità, dovendo soddisfare il rispetto di tantissime prescrizioni, mi sembrerebbe una via da sperimentare gli acquisti collettivi. Capisco che non possono risolvere tutti i problemi ma possono da una parte ridurre il costo della vita e ancora spostamenti di persone. Vorrei poi ritornare sul tema istituzionale; le amministrazioni di comuni sotto i 15.000 abitanti possono avere solo 4 assessori, con carichi di impegni multipli e molto gravosi e con risposte a volte non puntuali. Io credo che le unioni intercomunali non siano la risposta definitiva, credo piuttosto che occorra andare alla unificazioni di quelle micro comunità, e sono tanti, Una particolare attenzione va posta ai territori montani che spesso uniscono piccole comunità di persone e territori inversamente proporzionali, attenzione anche dal punto di vista normativo e istituzionale.
In Italia ci sono 7914 comuni, di questi 5.498 (69,5% sul totale) hanno una popolazione inferiore a 5.000 abitanti. Tali comunità sono quelle che dovrebbero garantire la gestione e la valorizzazione di gran parte del territorio collinare e montano del nostro paese mentre lo spopolamento che c'è stato negli ultimi decenni di queste comunità ha portato in particolare all'abbandono dei "Centri Storici" di questi piccoli comuni e dei territori da queste comunità gestiti. Occorre ricordare che questi piccoli centri storici sono il luogo di grandi identità dove sono vissute e si sono sviluppate le culture e le tradizioni popolari delle varie comunità che rappresentano le specificità caratteristiche dei vari territori italiani.
Se vogliamo far rivivere questi territori lo Stato deve farsi carico del recupero e delle valorizzazione di questi centri storici (es: edifici ed aree pubbliche, servizi tecnologici e sociali, ristrutturazione facciate edifici privati, ecc.) analogamente a come è già stato fatto per gran parte dei comuni del nord e del centro italia. Tali interventi portano come trascinamento anche rilevanti investimenti privati(rapporto 1:5) per la riqualificazione delle singole unità immobiliari e per l'avvio di eventuali attività. In particolare se questi borghi ridiventeranno attrattivi sia per fini turistici (seconde case, alberghi diffusi, ristoranti, ecc.) sia per fini economico/sociali (laboratori artigianali, residenze per anziani, musei, ecc.) si potranno ripopolare e potranno perseguire una nuova identità.
Se si riuscirà a valorizzare questi luoghi si otterranno dei benefici per tutta la comunità nazionale in quanto ogni singolo borgo diventerà un luogo di attrazione ed un presidio di tutto il territorio circostante.
Per realizzare questo progetto si potrebbero utilizzare in gran parte i fondi del PNRR ed in parte quelli Europei per lo Sviluppo sostenibile con il fine di recuperare e valorizzare i centri storici ed i territori attualmente abbandonati e farli diventare luoghi di attrazione per i vari territori (es: Borghi Più Belli d'Italia); a tal fine se ipotizzassimo un intervento su 3.000 centri storici dei piccoli comuni per una spesa media di 10,0 ML di euro a sito possiamo stimare una spesa totale di circa 30,0 Miliardi. In particolare tale investimento non richiede l'utilizzo di nuovi suoli da urbanizzare ma è rivolto al recupero ed alla valorizzazione di strutture ed aree comuni esistenti che al momento sono parzialmente o totalmente abbandonate e con tempo destinate al degrado.
Aggiungi il tuo commento
Connettiti con il tuo account o Registrati per aggiungere il tuo commento.
Sto caricando i commenti ...