
Agorà Democratiche
AGORÀ DEMOCRATICHE
Cogestione: partecipazione dei lavoratori e delle lavoratrici alle scelte aziendali e agli utili d'impresa
- Descrizione dettagliata
- Incentivare e rafforzare con ogni mezzo possibile la cogestione all'interno delle grandi imprese ed estenderla a quelle di medie dimensioni. Il modello di partenza può essere quello della Mitbestimmung tedesca ma adattandola al contesto italiano di PMI. I lavoratori devono poter partecipare al successo dell’impresa attraverso ampi poteri: controllo sulla gestione, ricevere informazioni periodiche, decisioni su investimenti e piani strategici-industriali, partecipazione agli utili d'impresa su piani annuali di produttività.
Anche i datori di lavoro ne vedrebbero i benefici attraverso una crescita della motivazione dei dipendenti con conseguente crescita della produttività e una diminuzione del tasso di turnover.
Per rendere questo modello più attuabile proponiamo una maggiore accentuazione della contrattazione di secondo livello per renderlo più adattabile ai vari contesti. Questo senza depotenziare la contrattazione di primo che deve comunque garantire gli stessi diritti a tutti i lavoratori. - Quale problema vuole affrontare questa proposta?
- Dar luce all'art. 46 della Costituzione "La Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende" per trovare una forma di compromesso fra capitale e lavoro, fra capitalismo e giustizia sociale.
Per il superamento della conflittualità rendendo il lavoratore finalmente informato e protagonista dell’impresa per cui lavora - Quali sono le persone, le realtà, le Associazioni, le istituzioni da coinvolgere?
- Sindacati, Parlamento, Governo
Agorà da cui è emersa la proposta:
Partecipazione dei lavoratori ai consigli di amministrazione e agli utili d'impresa
Lavorando nella GDO mi sono accorto di quanto sia utile non solo alla produttività ma anche al proprio benessere di lavoratore poter partecipare alle decisioni aziendali. Calate dall'alto, senza avere la possibilità di cambiarle, migliorarle o semplicemente poterne osservare il processo decisionale, allontana il lavoratore dall'obbiettivo d'impresa. I lavoratori devono poter entrare nei consigli di amministrazione ed essere ascoltati nelle fasi decisionali. Penso che ricalcare il modello tedesco sia utile in questo senso. Inoltre ritengo possa essere utile aggiungere all'attuale salario, ove possibile, una parte variabile collegata agli utili d'impresa per invogliare i lavoratori al raggiungimento degli obbiettivi. Questo succede già nel settore pubblico, ma credo possa essere esteso anche in molti settori privati o cooperativi. Questo, oltre che a favorire il benessere dei lavoratori che si sentirebbero parte dell'impresa, avrebbe anche un impatto di maggiore redistribuzione. Per ottenere questi due risultati penso possa essere utile un rafforzamento della contrattazione di secondo livello senza ovviamente indebolire quella di primo che deve garantire uguaglianza e diritti a tutti i lavoratori.
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25 commenti
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Sono totalmente d'accordo con lo spirito dell'agora. Lavorando tanti anni in una ditta privata ho visto che l'esclusione dei lavoratori dai consigli di amministrazione è una perdita di valore dell'azienda.
Io ho lavorato come operatore nel settore ortofrutta ritrovandomi ad essere poi caporeparto. Agli stessi soldi un aumento di mansione. Mi sono accorto che sia che ordinavo il giusto per fare un buon lavoro o sia che ordinavo un po' meno per evitare di fare straordinari non pagati non cambiava assolutamente niente ma in termini di guadagno all'interno del negozio incideva eccome. E questo valeva anche per tutti gli altri reparti del negozio e per tutti i negozi della GDO. Dobbiamo assolutamente coinvolgere i lavoratori.
Conversazioni con Giovanni Angeli
I lavoratori di qualità di ogni livello si immedesimano nell'attività dell'azienda, dicono "noi ditta". I bravi lavoratori sono collaboratori dellìimpresa, non dovrebbero essere considerati semplici dipendenti. Il miglioramento continuo, tanto pubblicizzato dai Giapponesi è fatto dalle persone della ditta e sarebbe ovvio riconoscere anche da noi i loro meriti. Prodi parva di capitalismo ben temperato con il maggior coinvolgimento dei lavoratori. Anche le remunerazioni potrebbero essere composte di quote azionarie o comunque di partecipazione alla proprietà. Il capitale tecnologico di un'azienda è fatto principalmente dalle competenze dei lavoratori, cosa certamente più importante dei capitali finanziari.
Sono profondamente d'accordo. Penso sia la chiave di volta per rilanciare il sistema industriale: mettere a servizio le competenze di chi lavora e renderle effettive protagoniste.
Ciao a tutti, sostengo convintamente la proposta di un maggior coinvolgimento dei lavoratori nella gestione dell'impresa. Personalmente sarei anche del parere di favorire la partecipazione dei lavoratori alla proprietà dell'impresa, mediante la partecipazione al capitale sociale, assicurando quindi una presenza di rappresentanti dei lavoratori negli organi di gestione dell'impresa. Chi fosse interessato ad approfondire questo aspetto potrebbe cercare una mia piccola pubblicazione su ilmiolibro.it o IBS.it, o lafeltrinelli.it . Il titolo è: "STAKEHOLER COMPANY: UNA PROPOSTA". disponibile sia in cartaceo che come e-book.
Caro Andrea, sono da sempre un convinto sostenitore della partecipazione agli utili d'impresa da parte dei lavoratori ed aggiungo che dovrebbero essere formate imprese con quote societarie ai lavoratori che consentirebbe un maggior coinvolgimento degli stessi nell'impresa stimolando così la loro collaborazione per una maggiore produttività ed evitando anche tensioni sociali per rivendicazioni salariali e normative.
La situazione del lavoro in Italia con quasi sei milioni di senza lavoro impone il coraggio di percorrere strade innovative finora inesplorate per arginare una disoccupazione dilagante e qualunque idea può essere importante come quella da me proposta all'Agorà sul lavoro di ridurre l'orario di lavoro settimanale per la ridistribuzione del reddito e la diminuzione della disoccupazione.
Credo che sia giunto il momento di avere coraggio e di prendere decisioni importanti nel campo del lavoro perché l'immobilismo non porta da nessuna parte e quando gli effetti della pandemia si faranno sentire potrebbero portare ad un'ulteriore perdita di quasi un milione di posti di lavoro ed allora diventa imperativo attivarsi per tempo al fine di evitare gravi e intuibili tensioni sociali con ingenti danni per l'economia e per il sistema Paese.
Non dobbiamo illuderci della tanto sventolata crescita della nostra economia come la migliore fra i paesi della zona euro perché dopo una grande recessione anche una crescita ipotizzata del 6% non ci riporta ai livelli pre pandemia e non dobbiamo neanche dimenticare che sono stati elargiti ristori alle imprese in deficit e che il debito pubblico è salito spaventosamente e che prima o poi dovrà essere riportato su livelli di affidabilità.
Si arriveranno tanti soldi ma la maggior parte sono a prestito ,anche se ad un tasso risibile, e dovranno comunque essere restituiti e poi anche quelli a fondo perduto costeranno perché la UE innalzerà la percentuale delle quote che ogni Stato deve versare per contribuire alla formazione del bilancio.
Dobbiamo avere la consapevolezza che la pandemia ha generato una profonda crisi nel campo del lavoro autonomo e che migliaia di aziende nonostante i ristori hanno dovuto chiudere e nei piccoli e grandi centri si vedono in ogni dove cartelli con scritto chiuso, vendesi e affittasi fondi mentre qualche anno addietro era difficile trovare locali fa affittare.
Propongo, pertanto, di procedere senza ulteriori indugi e tentennamenti ad una riforma innovativa del lavoro coinvolgendo i lavoratori nelle imprese ma anche nella riduzione dell'orario di lavoro settimanale e se qualcuno avrà voglia di vedere la mia proposta la potrà visione sulla specifica Agorà e fa parte di uno studio da me elaborato che comprende anche una rimodulazione dei percettori del reddito di cittadinanza.
Questo è il momento della grande svolta e il Governo del Paese deve saper cogliere la grande opportunità che si presenta per innovare riformare e rimodulare al fine di avere un'impresa più agile e dinamica.
quello della partecipazione dei lavoratori alle scelte aziendali, e in una certa misura anche alla proprietà, è un grande tema incredibilmente rimosso dal dibattito pubblico e dai programmi politici. Eppure non c'è altra via strutturale per promuovere un modello di sviluppo nel quale siano ridotte le diseguaglianze e migliorata la sostenibilità ambientale. Da registrare in argomento la due proposte da tempo avanzate dal Forum Diseguaglianze e Diversità: quella di istituzionalizzare nelle strutture societarie i Consigli del Lavoro e della Cittadinanza e quella di dare maggiore forza allo strumento previsto dalla legge Marcora, poco conosciuto e sotto utilizzato, per la soluzione delle crisi aziendali con il workers buyout. Ritengo utile con lo strumento delle agorà democratiche promuovere un'attenzione fattiva su questo tema
Conversazioni con Andrea Muoio
Volevo introdurre alla discussione anche @tonino52 che mi ha scritto in privato di non essere favorevole alla partecipazione dei lavoratori al capitale di rischio delle imprese. Mi ha scritto che la sua esperienza gli suggerisce che sia meglio una sana e leale contrapposizione di interessi senza che questi si commistionino, pur nel comune obiettivo di miglioramento di un'impresa.
Ho voluto aggiungerlo alla discussione perchè ritengo sia giusto avere tutti i punti di vista per ampliare la discussione
Mi sembra interessante la posizione di @tonino52 perchè consente di far chiarezza su alcuni punti importanti. Secondo me innazitutto è un segno dei tempi che si possa ricominciare a parlare anche in Italia di cogestione. Fino almeno al 2008 o anche al 2012 , c'era una adesione ideologica di massa , anche fra molti lavoratori , al neoliberismo, e con ciò una adesione acritica alla "libertà d'impresa" e molti lavoratori si ritenevano gli imprenditori di se stessi. Tanti volevano essere i nuovi Bill Gates. Oggi abbiamo visto che anche negli USA molte start-up di successo hanno accettato di essere acquisite dalle grandi aziende piuttosto che restare indipendenti e quotarsi in Borsa. Nell'ultimo decennio, Google ha comprato oltre 120 aziende, Monsanto più di 30, e Oracle oltre 80. È più facile essere parte di una grande azienda quotata oggi che essere piccolo e indipendente. Dico questo per chiarire che nell'attività economica reale esistono sempre i rapporti di potere e i conflitti : tra piccole e grandi aziende e tra queste e quelle grandissime, tanto è vero che si parla spesso di forme di mercato oligopolistiche o monopolistiche. Anche tra lavoratori e imprenditori ci sono conflitti. Se si assume che il lavoro dell'imprenditore così come il rischio dei proprietari / investitori hanno una loro specificità rispetto ad esempio agli interessi e agli obiettivi dei lavoratori si deve ritenere che siamo di fronte a una contrapposizione di interessi oggettiva. Ma qui si innestano le organizzazioni del lavoro (sindacati) e la risposta sociale e politica al conflitto.Pertanto potrebbe essere interesse dell'imprenditore (se capace e innovativo) lavorare in due direzioni: sviluppare da un lato la strategia economico-finanziaria , e dall'altro quella sociale.Lo stesso dovrebbe avvenire a livello di sindacato dei lavoratori. Da un lato guardare alle condizioni di lavoro, a forme di secondo Welfare e dall'altro appoggiare o contrastare con raziocinio le scelte aziendali ( sapendo peraltro che la responsabilità finale deve rimanere in mano all'imprenditore).L'equilibrio economico di un'azienda deve sempre essere salvaguardato, ma anche l'interesse degli altri partecipanti . Spesso le aziende accettano di aver in Consiglio di Amministrazione consiglieri indipendenti che facciano parte ad esempio dei Comitati Retribuzioni , oppure di quelli sulla sostenibilità (sociale e di governance).Non è sufficiente, perchè tali consiglieri sono nominati dal CdA in essere.Proprio perchè ci troviamo di fronte a una situazione dialettica (collaborazione per il benessere dell'azienda , ma anche conflitto per la contrapposizione degli interessi) è bene che nel CDA entri pure una rappresentanza adeguata (inferiore però al 50) dei lavoratori.
Infatti ad animare e tenere in piedi il conflitto sono proprio le stesse parti in gioco. Le aziende da una parte sono restie ad avere i lavoratori come collaboratori nelle scelte e gli stessi sindacati dall'altra sembra abbiano paura di perdere rappresentanza con i lavoratori che diventano effettivi protagonisti nella propria realtà aziendale.
Ma a perderci è il sistema nel suo complesso.
Trovo anche essenziale alla fine del risultato una contrattazione di secondo livello. Capisco che possa far paura perchè darebbe vita ad una serie di ramificazioni più "incontrollabili" che invece una contrattazione di primo livello riesce ad evitare tendendo la barra dritta sui diritti, ma è d'importanza strategica secondo me iniziare a progettarla.
La cogestione ha bisogno di essere seguita settore per settore in maniera più ravvicinata e territoriale.
è molto bello che sia nata una discussione sul tema. Condivido molte delle cose dette. Credo che sia fondamentale costruire un gruppo di lavoro sul tema che porti avanti le proposte uscite dalle agorà. Le nostre proposte le trovate su
https://decidim.agorademocratiche.it/processes/italia-che-vogliamo/f/68/meetings/397
un caro saluto a tutti e in particolare ad Andrea Muoio che ha animato il dibattito
Conversazioni con Alberto Anzalone
Aggiungo una cosa. Uniamo le proposte, andiamo insieme e rendiamole più forti. Insieme. Penso che se siamo tutti d'accordo dovremmo scrivere al gestore del sito per fonderle in un unica grande agorà. Che ne pensate?
Non so se si possa fare visto che c'è anche l'opzione "controlla" prima di pubblicare un'agorà per vedere appunto se ve ne sono già di simili. Però se fosse possibile a me andrebbe benissimo certamente!! Tutto ciò che è migliore per allargare il dibattito e supportare la proposta non può che essere il benvenuto!!
Ciao Andrea, grazie per la risposta. Io lo avevo già segnalato che le due agorà avevano lo stesso proposito. Scriverò ai gestori del portale chiedendogli di contattarci per poter farne una unica. Il sito è complesso da un lato e un po' "burocratico" dall'altro. Vediamo se riusciamo nell'impresa...anche perché l'obiettivo deve essere entrare tra le prime 100 proposte più votate entro la primavera 2022. Mi è dispiaciuto non poter partecipare alla tua agorà, ho avuto il covid e non stavo bene in quei giorni.
Mi spiace, spero tu ora stia bene! Comunque se si riesce a farne una per me è perfetto!
Conversazioni con Maurizio Volpe
Sono d'accordo con lo spirito dell'Agorà, spero che tutto quanto esposto e discusso in questa e in altre Agorà non finisca poi nel nulla di fatto all’italiana. Ma veniamo alla COGESTIONE. Sono sempre stato contrario alla contrapposizione sociale, neanche troppo strisciante, che il datore di lavoro sia uno schiavista, nemico della classe operaia. Così come mi ha sempre dato fastidio vedere lavoratori che sfruttano i diritti nei contratti per un opportunismo vergognoso! Mi è sempre sembrato fuorviante un sindacato che protegge a spada tratta il dipendente scansa fatica, ripreso da provvedimenti, solo perché è un lavoratore (dobbiamo proteggere il lavoro!). Un sindacato maturo ed intelligente dovrebbe contrastare e combattere i “furbetti”, non difenderli solo per autogiustificarsi e garantirsi tessere. Il diritto al lavoro e i contratti sono fatti per i lavoratori onesti non per chi sfrutta le leggi a proprio vantaggio, ed il contrasto ai “furbetti” dovrebbe esser fatto dai rappresentanti sindacali per proteggere i lavoratori onesti. Fatta questa piccola premessa sono sempre stato favorevole alla partecipazione agli utili da parte dei lavoratori, così come alla possibilità di accedere a quote dell’azienda (azioni, cooperative, ecc,), alla discussione sulla gestione del personale, alla soluzione degli sprechi ed all’ottimizzazione dei turni di lavoro. Sono invece molto scettico sulla partecipazioni alle strategie aziendali. Non bisogna dimenticare che purtroppo un’azienda produce in vari modi un “prodotto”, sia questo un bene di consumo o un servizio sociale. Purtroppo è il mercato a decretarne il successo, l’accettazione e la continua richiesta di questo prodotto. Il lavoro, nelle sue varie forme non è eterno e quindi non si può ingessare. Ho serie difficoltà a credere che qualsiasi operaio / impiegato possa ipotizzare o discutere quale sia la politica di marketing migliore per un nuovo prodotto, come sostenerlo sul mercato, come cambiare i ritmi di produzione, ecc. Non ho mai creduto alla demagogia “dell’uno vale uno”. Gli studi fatti, le attitudini personali, le competenze e le intuizioni (a volte rischiose!) fanno la differenza sul mercato. Ho paura che se ad un imprenditore vengono smorzate le ali della fantasia ed il rischio di impresa si cade nel baratro dell’immobilismo. Le due visioni sono per forza di cose contrapposte, il dipendente è fortemente orientato a mantenere lo “status quo”, mentre l’imprenditore è orientato a diversificare, cercare altro. Ma questo non deve permettere all’imprenditore di comportarsi come un dio in terra. Intollerabili ed offensive sono le delocalizzazioni fatte solo per abbassare il costo del personale (ma non è ancora più vergognoso che una nazione “svenda” il proprio popolo per attirare investimenti?). Quindi Cogestione con regole certe e condivise per aiutare a responsabilizzare lavoratori ed imprenditori, per migliorare il prodotto, per migliorare il modo di lavorare. ---> segue secondo messaggio
Salve, intanto grazie per sostenere lo spirito dell'agorà al di là dei propri pensieri che lei ha sul sindacato in generale. Entrando nel merito volevo precisare che con "partecipazioni alle scelte aziendali" non si parla solo di scelta di un eventuale nuovo prodotto da lanciare in cui, come ricordava lei, il mercato è il giudice. Si parla di scelte di marketing, di scelte di turnazione e orari, di scelte organizzative, e tutto ciò che può riguardare l'azienda e il lavoratore in senso ampio.
L'importante è il tendersi la mano per superare la contrapposizione e migliorare un'azienda e il suo clima interno perchè un impresa per essere in salute deve basarsi su persone che lavorandoci stiano bene.
Grazie per aver letto e commentato quanto da me scritto. Ieri ho partecipato, in video conferenza, all'agora "Le nostre idee, il nostro Partito Democratico" ed è stato interessante ascoltare tante diverse idee. Questo giusto per rafforzare "lo spirito delle Agorà" da lei citato in apertura. Mi auguro di aver dato un'impressione critica ma positiva, nel mio intervento, sul sindacato. Credo che sia necessario ed utile, ma sono purtroppo molto critico su molte scelte fatte in questi anni. Ho avuto in questi anni un'amicizia con un dirigente della UIL e sui temi che ho esposto nel mio precedente commento ne abbiamo discusso molto. Le istituzioni devono poter essere criticate, non devono essere dei tabù. Tornando però al tema principale mi trova perfettamente in linea su tutto ciò che riguarda l'organizzazione aziendale. Credevo di averlo chiarito sul primo intervento. Mi trova però scettico sull'argomento Marketing. Ma credo che in questa fase di discussione sia prematuro fare questi distinguo. Mi auguro che questa diventi un'Agorà aperta e che si possano raccogliere altri pareri.
Il suo contributo espresso è essenziale. Ha portato una sua visione che è degna di nota sull'esclusione del marketing dalla cogestione. Forse si potrebbe fare che i lavoratori possono dare una linea che sia necessaria ma non determinante.
Conversazioni con Franco Donatini
Sono d'accordo con lo spirito della proposta. Il mondo del lavoro sta cambiando profondamente. Occorre coinvolgere sempre di più i dipendenti nelle strategie e nelle scelte aziendale, per farli sentire protagonisti e responsabilizzarli nel raggiungimento degli obiettivi. Sostituire alla lotta di classe un'alleanza e una condivisione degli obiettivi, di fronte alla sfida della globalizzazione, ovviamente ciascuno con le sue competenze che è anche un modo per valorizzare le persone non più considerate solo come anelli della catena ma menti pensanti
Il suo commento è il riassunto perfetto dello spirito di questa agorà.
La ringrazio
Conversazioni con sonia ostrica
Lavorare non è solo guadagnare. Chi si sporca le mani spesso ha un punto di osservazione diverso da quello di chi lavora nella stanza dei bottoni ai piani superiori, e quel punto di vista diverso è un valore per l'azienda.
Coinvolgere chi lavora nelle scelte e nella programmazione non è sempre facile: il rischio non è nelle corde di chi ha poco margine e deve fare i conti quotidiani ben centrati per vivere. Ma contribuire si può: fare scelte più condivise rafforza il senso di appartenenza.
La ripartizione dei profitti - anche parte di essi - con il personale, incentiva l'affezione e motiva ad un lavoro fatto meglio; coinvolgere il personale e consultarlo per decidere quali cambiamenti e come siano necessari aiuta, sempre che l'azienda non sia votata unicamente a "spremere" guadagno.
Chi lavora non ha propensione al conflitto se non si trova costretto ad agirlo per inadeguate condizioni di lavoro - e di guadagno. L'idea che operai/operaie o dipendenti siano per natura "contrari" e nemici del "padrone" è una vecchia concezione, nata proprio sulla base dello sfruttamento del lavoro senza tutele: cosa che purtroppo si sta riproponendo con le aziende multinazionali, che non tengono in considerazione chi lavora come bene primario dell'azienda e sono votate unicamente alla crescita ed all'incremento dei profitti.
Per migliorare il lavoro e la sua resa, per recuperare una dimensione più umana del lavoro, certamente può aiutare il coinvolgere chi lavora nelle scelte di chi organizza e dirige.
Ciò limiterebbe anche il conflitto per il conflitto: ma ci vuole una "proprietà" tangibile, una presenza concreta di vertici che hanno un corpo e ci mettono la faccia, che non siano solo tramiti per altre "entità" inafferrabili e sovranazionali. La dimensione d'impresa fa la differenza.
Ciò che andrebbe perseguito è il riavvicinamento delle aziende alle persone. La globalizzazione è un ostacolo, e non ha pietà. Ma comporta anche tantissimi problemi in materia di ambiente e di spreco; i paesi emergenti vogliono migliorare le condizioni di vita costi quel che costi, i paesi occidentali vorrebbero frenare ma senza rimetterci economicamente.
Non è semplice sostituire il liberismo economico selvaggio con una produzione più sostenibile anche eticamente. Ma ci si può provare, si deve provare a cambiare il mondo. Coinvolgere i lavoratori nelle scelte è un piccolo passo, possibile soprattutto in imprese di piccole e medie dimensioni, che non considerino chi lavora solo uno scomodo ed inevitabile incidente.
Sono quindi favorevole alla partecipazione ed al coinvolgimento di chi lavora alle scelte, mantengo però perplessità sulla cogestione, in quanto ritengo che chi lavora vada protetto da rischi e tutelato sempre.
Sono d'accordissimo con lei sull'idea che descrivere operai/operaie o dipendenti come nemici del padrone sia una vecchia concezione. Ancor di più sul fatto che i lavoratori abbiano un punto di osservazione diverso da quello di chi lavora nella stanza dei bottoni e che possano davvero contribuire a migliorare l'azienda. Le dirò di più credo sia anche un buon modo per aumentare la sicurezza sul lavoro in alcuni casi.
Sulla cogestione capisco le sue perplessità ed esisterebbe comunque una soglia di garanzia dai rischi però credo sia essenziale per legare davvero impresa e lavoratori. Si tratta di una parte di salario variabile.. su questo tema comunque penso che serva una forte contrattazione di secondo livello di modo da valutare settore per settore
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