
Agorà Democratiche
AGORÀ DEMOCRATICHE
Cogestione: partecipazione dei lavoratori e delle lavoratrici alle scelte aziendali e agli utili d'impresa
- Descrizione dettagliata
- Incentivare e rafforzare con ogni mezzo possibile la cogestione all'interno delle grandi imprese ed estenderla a quelle di medie dimensioni. Il modello di partenza può essere quello della Mitbestimmung tedesca ma adattandola al contesto italiano di PMI. I lavoratori devono poter partecipare al successo dell’impresa attraverso ampi poteri: controllo sulla gestione, ricevere informazioni periodiche, decisioni su investimenti e piani strategici-industriali, partecipazione agli utili d'impresa su piani annuali di produttività.
Anche i datori di lavoro ne vedrebbero i benefici attraverso una crescita della motivazione dei dipendenti con conseguente crescita della produttività e una diminuzione del tasso di turnover.
Per rendere questo modello più attuabile proponiamo una maggiore accentuazione della contrattazione di secondo livello per renderlo più adattabile ai vari contesti. Questo senza depotenziare la contrattazione di primo che deve comunque garantire gli stessi diritti a tutti i lavoratori. - Quale problema vuole affrontare questa proposta?
- Dar luce all'art. 46 della Costituzione "La Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende" per trovare una forma di compromesso fra capitale e lavoro, fra capitalismo e giustizia sociale.
Per il superamento della conflittualità rendendo il lavoratore finalmente informato e protagonista dell’impresa per cui lavora - Quali sono le persone, le realtà, le Associazioni, le istituzioni da coinvolgere?
- Sindacati, Parlamento, Governo
Agorà da cui è emersa la proposta:
Partecipazione dei lavoratori ai consigli di amministrazione e agli utili d'impresa
21 dicembre 2021
17:30 - 19:30
Elenco dei sostenitori
e altre 51 persone
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Conversazioni con Matteo Anatra
Mi sembra interessante la posizione di @tonino52 perchè consente di far chiarezza su alcuni punti importanti. Secondo me innazitutto è un segno dei tempi che si possa ricominciare a parlare anche in Italia di cogestione. Fino almeno al 2008 o anche al 2012 , c'era una adesione ideologica di massa , anche fra molti lavoratori , al neoliberismo, e con ciò una adesione acritica alla "libertà d'impresa" e molti lavoratori si ritenevano gli imprenditori di se stessi. Tanti volevano essere i nuovi Bill Gates. Oggi abbiamo visto che anche negli USA molte start-up di successo hanno accettato di essere acquisite dalle grandi aziende piuttosto che restare indipendenti e quotarsi in Borsa. Nell'ultimo decennio, Google ha comprato oltre 120 aziende, Monsanto più di 30, e Oracle oltre 80. È più facile essere parte di una grande azienda quotata oggi che essere piccolo e indipendente. Dico questo per chiarire che nell'attività economica reale esistono sempre i rapporti di potere e i conflitti : tra piccole e grandi aziende e tra queste e quelle grandissime, tanto è vero che si parla spesso di forme di mercato oligopolistiche o monopolistiche. Anche tra lavoratori e imprenditori ci sono conflitti. Se si assume che il lavoro dell'imprenditore così come il rischio dei proprietari / investitori hanno una loro specificità rispetto ad esempio agli interessi e agli obiettivi dei lavoratori si deve ritenere che siamo di fronte a una contrapposizione di interessi oggettiva. Ma qui si innestano le organizzazioni del lavoro (sindacati) e la risposta sociale e politica al conflitto.Pertanto potrebbe essere interesse dell'imprenditore (se capace e innovativo) lavorare in due direzioni: sviluppare da un lato la strategia economico-finanziaria , e dall'altro quella sociale.Lo stesso dovrebbe avvenire a livello di sindacato dei lavoratori. Da un lato guardare alle condizioni di lavoro, a forme di secondo Welfare e dall'altro appoggiare o contrastare con raziocinio le scelte aziendali ( sapendo peraltro che la responsabilità finale deve rimanere in mano all'imprenditore).L'equilibrio economico di un'azienda deve sempre essere salvaguardato, ma anche l'interesse degli altri partecipanti . Spesso le aziende accettano di aver in Consiglio di Amministrazione consiglieri indipendenti che facciano parte ad esempio dei Comitati Retribuzioni , oppure di quelli sulla sostenibilità (sociale e di governance).Non è sufficiente, perchè tali consiglieri sono nominati dal CdA in essere.Proprio perchè ci troviamo di fronte a una situazione dialettica (collaborazione per il benessere dell'azienda , ma anche conflitto per la contrapposizione degli interessi) è bene che nel CDA entri pure una rappresentanza adeguata (inferiore però al 50) dei lavoratori.
Infatti ad animare e tenere in piedi il conflitto sono proprio le stesse parti in gioco. Le aziende da una parte sono restie ad avere i lavoratori come collaboratori nelle scelte e gli stessi sindacati dall'altra sembra abbiano paura di perdere rappresentanza con i lavoratori che diventano effettivi protagonisti nella propria realtà aziendale.
Ma a perderci è il sistema nel suo complesso.
Trovo anche essenziale alla fine del risultato una contrattazione di secondo livello. Capisco che possa far paura perchè darebbe vita ad una serie di ramificazioni più "incontrollabili" che invece una contrattazione di primo livello riesce ad evitare tendendo la barra dritta sui diritti, ma è d'importanza strategica secondo me iniziare a progettarla.
La cogestione ha bisogno di essere seguita settore per settore in maniera più ravvicinata e territoriale.
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