
Agorà Democratiche
AGORÀ DEMOCRATICHE
Agorà Valle del Marecchia: rigenerazione e sviluppo sostenibile
- Descrizione dettagliata
- Ad oltre dieci anni dal passaggio dei comuni dell’Alta Valmarecchia in Emilia-Romagna è utile fare un bilancio degli esiti prodotti e ragionare sulle prospettive.
Non possiamo negare che i promotori del Referendum per entrare in Emilia-Romagna speravano in uno scatto in avanti più sostanzioso. In realtà il processo di impoverimento della valle, in particolare nella sua parte alta, è proseguito e possiamo dire che oggi abbiamo meno popolazione, meno imprese, meno lavoro, meno servizi, meno giovani, meno donne occupate, più povertà, più domande che attendono risposte. In una parola: sono ancora presenti le condizioni di arretratezza economica e di ”povertà” territoriale, in particolare per i servizi fondamentali (compresa un’adeguata rete di comunicazione digitale). Da questo punto di vista il confronto con la parte terminale della valle, in particolare con Rimini, è penalizzante.
Bisogna chiedersi se la decisione presa di creare i sub ambiti di Alta e Bassa Valle ha prodotto gli effetti sperati. Probabilmente ha aumentato la responsabilità delle comunità locali nello sviluppare i servizi. Si rischia però di pensare alla valle come un organismo che non reagisce in modo unitario e che può crescere o decrescere “solo” diviso. I Circoli PD della Valmarecchia, nel 2010, scrissero: ”…superare i concetti di Alta e Bassa valle…le politiche di vallata …sono un orizzonte da tenere presente in tutte le concrete azioni di governo”. Dunque un ambito unitario di programmazione, avrebbe forse favorito l’affermarsi di una identità di vallata in grado di produrre un pensiero di lungo periodo per attuare politiche di sviluppo sostenibile, su queste centrando la possibilità di una risposta strutturale a problemi antichi. Forse sarebbe stato possibile sviluppare piccole e medie imprese per produzioni a basso impatto ambientale. Forse si sarebbe avviato il superamento dei ritardi nella mobilità territoriale, in particolare nei collegamenti in sinistra Marecchia. Forse si sarebbero superate le lacune esistenti nella rete telematica. La responsabilità è di tutti, cittadini e istituzioni. Tramontate le vecchie teorie del “riequilibrio” (fare in collina e montagna ciò che si è fatto in pianura), ora proponiamo di puntare su ciò che meglio esprime la nostra identità. Siamo un territorio che produce acqua, aria pulita, agricoltura sostenibile, paesaggio, beni ambientali, custodisce importanti beni culturali per tutta la provincia di Rimini ed oltre. Per questo pensiamo di poter ottenere i riconoscimenti e gli investimenti necessari per non perdere popolazione (fenomeno particolarmente presente nell’area montana della Valle), per produrre lavoro buono, per garantire nel tempo gli equilibri naturali. Il recente passaggio alla Provincia di Rimini di altri due Comuni (Montecopiolo e Sassofeltrio), conferma che molte sono le attese.
La ricerca di rapporti stabili con le Università di Urbino e di Bologna, può garantire un alto livello di gestione delle attività produttive e culturali della Valle, proponendosi come “laboratorio” di ricerca e sviluppo sulla sostenibilità.
Il presente documento indica, come principale direttrice di sviluppo, la consapevolezza del patrimonio di valori ambientali e culturali della Valle e richiama tutti i “fruitori” di questo patrimonio a responsabilizzarsi per la sua salvaguardia. La città di Rimini, le sue imprese, le sue istituzioni, i suoi cittadini, sono chiamati a riconoscere specificità, unicità e autonomia di un percorso di sviluppo basato sui beni ambientali che intendiamo tutelare a vantaggio di tutti.
Questa Agorà, piazza democratica che propone il confronto ai soggetti pubblici e privati della valle, è chiamata a definire una piattaforma e un percorso per chiarire cosa siamo e cosa vogliamo diventare, sviluppando nel contesto locale il tema delle AGORA’ democratiche “L’Italia che vogliamo”, con riferimento alle categorie 2 (Rivoluzione verde e transizione ecologica) e 3 (Infrastrutture per la sostenibilità). Un “copione” per realizzare il quale ciascuno rinunci a pezzi di autonomia e assuma scelte coerenti con il senso di marcia condiviso. Alla Regione e alla Provincia spetterà il compito di sostenere il percorso a partire dalle opportunità del PNRR e delle politiche di Rigenerazione Urbana.
L’Agorà non dovrà elaborare progetti, è questo un compito delle istituzioni; dovrà far emergere l’identità della Valmarecchia, le sue vocazioni, il suo ruolo precipuo nell’ambito della provincia e della Romagna e proporre strumenti di governo unitario del territorio, riferendosi anche alla legislazione regionale sui Parchi e/o ad esperienze complesse come il “Parco Agricolo Sud Milano”.Obiettivi:
1. costruzione di una piattaforma progettuale finalizzata allo sviluppo della valle in chiave ambientale, storico-culturale e turistico;
2. definizione di un campo politico ampio e unitario che si strutturi attorno al nucleo programmatico di cui al punto 1)
3. sviluppo di rapporti con comuni, Provincia , Regione finalizzati alla realizzazione degli obiettivi;
4. messa in rete di eccellenze culturali (musei, castelli, borghi);
5. messa in rete di competenze scientifiche e culturali presenti sul territorio (arte, musica, gastronomia, scienze ecc.);
6. definizione degli strumenti di comunicazione interni ad Agorà ed alla valle.Una piattaforma progettuale che debba declinare lo sviluppo sostenibile della valle, non può che riferirsi all’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. Essa ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile – Sustainable Development Goals, SDGs – in un grande programma d’azione per un totale di 169 ‘target’ o traguardi. L’avvio ufficiale degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile ha coinciso con l’inizio del 2016, guidando il mondo sulla strada da percorrere nell’arco dei prossimi 15 anni: i Paesi, infatti, si sono impegnati a raggiungere gli obiettivi entro il 2030.
Se gli Obiettivi dell’Agenda ONU 2030 - dice Elly Schlein, vice Presidente dell’Emilia-Romagna, nella sua introduzione alla Strategia regionale Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e il Patto per il lavoro e il Clima - hanno un valore globale, i Target e gli indicatori per essere misurati richiedono adattamenti alle diverse scale geografiche e ai diversi contesti di sviluppo ed è per questo che è fondamentale che ogni Paese e governo territoriale si doti di una propria Strategia Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. La Regione Emilia-Romagna con questo documento delinea la propria Strategia regionale Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile che ha l’obiettivo di correlare ciascuna azione e impegno previsti nel Programma di Mandato 2020-2025 e nel Patto per il Lavoro e per il Clima ai Goal e ai target dell’Agenda 2030, fotografando anzitutto quale sia il posizionamento attuale della regione nel raggiungimento di ciascun obiettivo, ma individuando anche gli indicatori nazionali e regionali in grado di misurare l’effettivo progresso e contributo delle politiche regionali nel raggiungimento degli SDGs.
Ma gli obiettivi non sono oggetti interscambiabili fra loro ed hanno una gerarchia precisa proprio per la loro natura ecosistemica e di sostenibilità. Gli uomini e le nostre società dipendono dalle risorse e dai servizi della biosfera, ed i processi e gli equilibri ecologici non possono più essere spiegati senza considerare le influenze umane su questi. Chiaramente, il sociale e i processi ecologici sono collegati sotto forma di sistemi accoppiati uomo-ambiente o sistemi antropici e naturali. In questo modo l'attenzione si sposta dall'ambiente come esternalità agli ecosistemi e i loro beni e funzioni (Capitale Naturale e biosfera) come precondizione per la giustizia sociale, lo sviluppo economico e la sostenibilità.
Tutti gli obiettivi di sviluppo sostenibile sono collegati direttamente o indirettamente alla funzionalità degli ecosistemi che produce beni e servizi tra cui cibo sostenibile e sano da cui dipende il nostro “ben essere”. Far fronte a queste nuove sfide richiede un approccio integrato al territorio, volto a ridurne la vulnerabilità complessiva e la perdita di funzionalità ecologica e dei conseguenti benefici che gli ecosistemi possono erogare.
Questo significa individuare dei focus ambientali che caratterizzano il sistema territoriale della valle in modo che siano prioritari e guida delle successive azioni di governo del territorio.Focus n. 1 – Gestione della risorsa idrica
Mai come in questo caso quanto detto in precedenza è attuale e tangibile. Il “sistema Marecchia” è una macchina che ha la capacità di erogare annualmente circa 500 milioni di mc di acqua di cui 2/3 costituiscono il deflusso idrico che percorre il reticolo idrografico e se ne va a mare.
Di questa acqua una parte ricarica le falde che contengono 100 milioni di mc che preleviamo con i pozzi per l’agricoltura, per l’idropotabile (24%), per l’industria. E’ il bene più importante perché fa girare l’economia turistica: cosa sarebbe il Turismo, uno dei motori del territorio, se non ci fosse acqua? E nei prossimi anni pioveranno più di 600.000 mc in meno!!
Dobbiamo sviluppare azioni forti e prioritarie che possano riportare al centro dell’attenzione l’uso della risorsa in modo sostenibile. Il Contratto di fiume ha definito in maniera partecipata 18 azioni che devono essere recuperate:
a. recupero della plurifunzionalità del fiume: il fiume non è un canale che porta via acqua dolce al mare, ma deve essere una spugna che trattiene acqua dolce e la infiltra in falda. Dal momento che abbiamo bisogno di recuperare almeno 600.000 mc di acqua dobbiamo aumentare la capacità del sistema fiume di gestire la risorsa con azioni di rigenerazione ecologica, opportuni impianti di silvicoltura sostenibile, agricoltura NON idroesigente, zone di laminazione naturale ecc.
Come fare: la direttiva europea sulle acque ha chiesto di valutare i costi ambientali della risorsa da inserire in tariffa idrica. Uno studio di Romagna acque ha definito che il costo per far funzionare i fiumi in questo modo sarebbe intorno all’1% (teniamo conto che per legge l’aumento tariffario può andare da un minimo del 3,5% ad un massimo del 6,5%). Questo costo implicherebbe una risposta concreta per attuare:
- rigenerazione dei sistemi fluviali per il recupero delle acque e tutela delle sorgenti;
- sviluppo di azioni di riforestazione e rigenerazione ecologico-forestale di aree degradate;
- creazione di aree di stoccaggio, infiltrazione e depurazione delle acque;
- economie di bilancio sui capitoli di bilancio del dissesto idrogeologico.b. Riuso delle acque reflue di depurazione: La falda acquifera del fiume Marecchia copre un'area di circa 12.300 ha e occupa parte dei comuni di San Mauro Pascoli, Bellaria, Poggio Torriana, Rimini, Santarcangelo, Verucchio. La falda freatica si trova all'interno di un'area SIC (IT 4090002) con 20 Habitat di interesse UE. Il fiume Marecchia è il più importante di due sottobacini appartenenti alla sottounità denominata "Marecchia-Conca" dell'Autorità del fiume Po, distretto idrografico (DM 25 ottobre 2016), sottoposto a norme e leggi europee e italiane relative alla gestione del bacino fluviale e alla qualità dell'acqua. Sul bacino del Marecchia risiedono 223.076 abitanti (ISTAT 2018) a cui si aggiunge un importante flusso turistico che, nel 2018, ha generato 16,2 milioni di pernottamenti. Il turismo è quindi un settore importante di questa zona. Data l'importanza del turismo e il ruolo dell'acqua rispetto a questo settore la risorsa idrica è sempre stata oggetto di importanti investimenti da parte del governo locale. Due esempi notevoli sono:
- La realizzazione in corso del piano di Optimised Bathing Safeguarding (PSBO), per cui Rimini diventerà la prima città costiera adriatica che avrà risolto il problema degli scarichi in mare, attraverso la parziale separazione delle acque nere e bianche.
- Il nuovo impianto di depurazione delle acque reflue urbane di tutta la provincia con membrane ultrafiltranti. Questo impianto (DEP) è il punto cardine del PSBO e ha una capacità purificante di 560.000 equivalenti con una portata annuale di 38 milioni di mc di acque reflue.
Obiettivo prioritario di questa azione è ridurre i prelievi incontrollati di acque sotterranee, offrendo alle attività agricole risorse idriche alternative con la stessa qualità e quantità delle acque sotterranee. Le acque reflue dal DEP subiranno un processo di fitodepurazione utilizzando la capacità di stoccaggio dei bacini grandi e piccoli in riva destra e sinistra. Per la sola riva sinistra ammonta a circa 3 mil di mc di acqua stoccabile. Le acque potranno essere dirette attraverso i canali lungo fiume alla rete idrica superficiale che un’agricoltura di oltre 2.000 ettari. potrebbe utilizzare evitando l’approvvigionamento da falda. I metodi con cui verrà effettuato il processo di fitodepurazione consentiranno di raggiungere ulteriori obiettivi:
• ricaricare le falde acquifere del fiume Marecchia;
• creare zone umide e habitat per l’incremento della biodiversità e la funzionalità fluviale;
• ripristino e mantenimento costante del deflusso minimo vitale del fiume Marecchia.Focus n. 2 – Sistema infrastrutturale e trasportistico
La presenza dei servizi e delle dotazioni territoriali, la loro qualità e accessibilità (anche sociale) è una delle determinanti principali del benessere dei cittadini e del buon funzionamento delle attività insediate. Costituisce dunque uno dei più importanti elementi conoscitivi e programmatici per definire una vision ed individuare le sue politiche.
Molti fattori contribuiscono oggi a rendere necessario un profondo ripensamento della questione dei servizi e delle dotazioni pubbliche della città e del territorio in cui è inserita. Ancor prima e al di là della pandemia occorre registrare fenomeni come il cambiamento degli stili di vita, la de-sincronizzazione dei tempi, la pluralità contemporanea delle attività e dei luoghi di destinazione, l’uso e la pervasività delle nuove reti di comunicazione. Tutti fattori che richiedono uno sguardo nuovo sia sulla gamma dei servizi che sulla loro accessibilità, intesa come concreta possibilità di raggiungerli e di utilizzarli da parte dei cittadini.
In questo contesto, Smart e green sono due assi di intervento che, grazie alla possibile interazione degli Enti locali dei territori montani con le imprese, possono ridurre il divario tra aree urbane della costa e le zone interne. Emerge da tempo la necessità di trasformazione, di rinnovare il tessuto produttivo nelle Terre Alte. Ai riferimenti industriali classici si devono sviluppare i pilastri tradizionali quali agricoltura e turismo, a cui si uniscono le opportunità della green economy e dell’innovazione, come sancito anche dal Collegato ambientale dalla legge di stabilità 2016 (art. 72). La ricerca di imprese che vogliano portare nuovi servizi e opportunità nei Comuni montani va in questa direzione. Ridurre il gap strutturale, che si consolida. Spingere i territori e gli Enti a incontrare la ricerca applicata, nuovi processi e nuovi strumenti. Nuove idee che trasformano le aree montane, puntando su smart e green communities.
Per far questo occorre avere informazioni chiare e definite:
- sull’incidenza che hanno le aziende presenti sul territorio rispetto al traffico ed alle provenienze, sulla loro intenzione ad innovarsi attraverso la formazione di start up, di nuove tecnologie, di strumenti che riducano distanze fisiche e migliorino la vivibilità dei territori, compatibili con territorio, ambiente, paesaggio. E quanto siano disposte ad investire sul mantenimento delle funzioni ecosistemiche di un sistema ambientale da cui loro traggono risorse e sviluppano impatti.
- Sul fenomeno del pendolarismo giornaliero, per lavoro o per accesso ai servizi pubblici in direzione “costa”, occorrono approfondimenti: a) di tipo conoscitivo per definire meglio l’intensità e il profilo del fenomeno; b) per programmare le reti di trasporto pubblico e la loro innovazione tecnologica; c) per mettere in campo azioni “positive” a sostegno di attività economiche compatibili e per ridurre strutturalmente il pendolarismo giornaliero.Il monitoraggio della situazione esistente e la definizione partecipata di scenari futuri, sono fattori prioritari per costruire una continuità logica fra scelte strategiche di valorizzazione ambientale e sviluppo della progettualità trasportistica. In questo modo la strada e il sistema ad essa connesso sono concepiti come struttura integrata nel paesaggio e non come infrastruttura per la quale è possibile solo la mitigazione dell’impatto.
Il paesaggio quindi, orienta il progetto che si fa carico delle problematiche e le risolve per mantenere gli obiettivi prioritari poiché, in relazione ai nostri obiettivi di sviluppo, le azioni e quindi le infrastrutture, accompagnano lo sviluppo e non lo generano.
In questo modo, se gli obiettivi della piattaforma progettuale diventano la valorizzazione ambientale, storico-culturale e turistica del territorio, l’approccio ai temi della mobilità non può essere che quello della sostenibilità attraverso azioni importanti e risolutive, avendo una prospettiva anche temporale da traguardare, attraverso scenari innovativi che abbiano i seguenti riferimenti:
- La messa in sicurezza dell’attuale tracciato della Marecchiese, accompagnata da un’analisi precisa dei flussi di traffico e degli elementi che lo generano, per capire nel merito le effettive entità degli spostamenti attraverso un processo partecipato (compatibilmente con le tempistiche progettuali);
- Analisi di fattibilità dei tracciati delle vecchie ferrovie dismesse al fine di valutare la possibilità di riattivazione in sede propria di linee dedicate;
- Integrazione con i nuovi tracciati del TRC: Fiera- Santarcangelo- Novafeltria;
- Potenziamento delle linee START anche con mezzi più idonei sia di dimensioni che riguardo l’impatto ambientale;
- Proposte significative per la risoluzione del tratto che attraversa Novafeltria e Villa Verucchio con azioni importanti e definitive.
- Creazione di una rete telematica che copra in modo efficiente il 100% del territorio vallivo.Focus n. 3 – Gestione forestale per abbattimento della CO2 e la cura del territorio
Oltre un terzo dell'Italia, il 36,7% per l'esattezza, è coperto da boschi, una superficie che è aumentata del 18,4% in circa 10 anni raggiungendo gli 11 milioni di ettari. Più alberi e più foreste significano una capacità maggiore di assorbimento della CO2, passata dai 490 milioni di tonnellate di 16 anni fa ai 569 milioni di oggi. Si conferma la tendenza alla crescita dei boschi italiani che è in atto ormai da oltre 80 anni. Il dato più interessante è la crescita della massa vivente e del carbonio immagazzinato nelle foreste: non solo nuovi boschi si espandono nelle superfici lasciate libere dall'agricoltura, ma i boschi esistenti continuano a crescere, dimostrando un basso impatto dell'uomo sugli ecosistemi del nostro Paese e un alto stato di tutela, come indicano le percentuali di foreste interessate a oggi da vincolo idrogeologico (oltre 80%) e da forme di protezione della biodiversità (oltre il 30%).
L’istituzione locale dell’Unione Montana, oggi più del passato, deve essere impegnata a pianificare meglio la funzione forestale loro delegata dalla Regione, programmando piani di gestione forestale sostenibile che per competenza territoriale abbiano funzione di garanzia e controllo strategico delle funzioni dei boschi.
Questo comporta una programmazione forestale indirizzata non solo alla funzione produttiva (di tipo privatistico) ma anche a quelle funzioni protettive (di interesse pubblico) come la protezione dal dissesto idrogeologico, la capacità di regolare il ciclo dell’acqua così importante in un territorio che dà da bere alla Romagna intera, l’assorbimento degli inquinanti, la produzione di ossigeno, la fissazione di CO2 ecc.
Di conseguenza, le correlazioni tra la deforestazione e cambiamenti climatici implicano una integrazione tra i diversi livelli di pianificazione (es. Piano delle acque, gestione del dissesto, Pianificazione forestale), una valutazione attenta della potenzialità dei nostri boschi nei nostri bacini, tra funzioni contrastanti poiché una volta tagliato il bosco (uso diretto della risorsa) perdo le altre funzioni che sono di interesse collettivo. E’ necessario trovare un equilibrio e salvaguardare, come dice l’art- 41 della Costituzione, l’interesse pubblico che deve essere riconosciuto da chi usa quei servizi ecosistemici (art. 70 LN 221/2015) nell’ottica di chi usa paga (DG n. 39/2015).
In quest’ottica di adattamento ai cambiamenti climatici anche la forestazione soprattutto urbana deve essere fatta con attenzione. Dobbiamo sapere con precisione dove piantare gli alberi legando gli interventi di piantagione ad una pianificazione attenta e funzionale come ad esempio la riqualificazione fluviale di cui al Focus 1, e soprattutto cosa piantare ed in che modo perché le specie autoctone sono indispensabili ma anche la disposizione funzionale diventa un requisito importante per fissare CO2 così come le altre funzioni ecologiche quali la capacità di ritenzione idrica, di trattenimento del suolo, l’assorbimento di inquinanti ecc.Focus n. 4 – Ottimizzazione energetica
Considerando gli obiettivi di sostenibilità che ci si prefigge per il territorio della Valle del Marecchia, considerando i modelli di producibilità, i consumi energetici di ogni comune e i limiti imposti dalla normativa per la regolazione delle comunità energetiche, si propone un modello che ottimizza l’aggregazione dei comuni di un possibile dimensionamento delle future comunità energetiche. In Italia, l’autoconsumo collettivo e la comunità energetica sono riconosciute legalmente dal 2020.
La promozione dell’istituzione delle comunità energetiche deve affrontare anche temi non ancora legiferati a livello statale, fra questi di particolare rilevanza vi è la definizione della “Oil free zone”, ovvero la volontà della politica locale ad avviare percorsi virtuosi che portino alla riduzione e al successivo abbandono dei combustibili fossili.
Tale risultato costituisce un valido strumento di supporto decisionale nelle fasi di pianificazione energetica, che potrebbe inoltre contribuire a snellire e velocizzare i procedimenti autorizzativi. La nascita e lo sviluppo di nuove forme di azioni condivise e di economie collaborative, unite alle crescenti opportunità offerte dalle nuove tecnologie digitali, costituiscono il fulcro della transizione energetica del nostro Paese. Le Comunità energetiche e i nuovi modelli di autoconsumo collettivo consentono a imprese, comunità locali e cittadini di condividere energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili apportando notevoli benefici economici, ambientali e sociali.
Decentramento e localizzazione della produzione energetica sono i principi su cui si fonda una comunità energetica che, attraverso il coinvolgimento di cittadini, attività commerciali e imprese del territorio, risulta in grado di produrre, consumare e scambiare energia in un’ottica di autoconsumo e collaborazione. Il concetto di autoconsumo si riferisce alla possibilità di consumare in loco l’energia elettrica prodotta da un impianto di generazione locale per far fronte ai propri fabbisogni energetici. Produrre, immagazzinare e consumare energia elettrica nello stesso sito prodotta da un impianto di generazione locale permette al prosumer di contribuire attivamente alla transizione energetica e allo sviluppo sostenibile del Paese, favorendo l’efficienza energetica e promuovendo lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Oggi l’autoconsumo può essere attuato non solo in forma individuale ma anche in forma collettiva all’interno di condomini o comunità energetiche locali.Focus n. 5 – Specializzazione agricola in chiave ecologica
Dal punto di vista ambientale i sistemi agricoli, soprattutto quando assumono forme d’intensificazione e specializzazione, sono tra le principali responsabili d’inquinamento e consumo di acqua e suolo, dell’emissione di gas a effetto serra e dei conseguenti cambiamenti climatici. Gli stessi cambiamenti climatici stanno incidendo in maniera rilevante sulle quantità e sulla qualità delle produzioni agricole. Ad esempio alcuni studi ritengono che il riscaldamento globale determini una riduzione della produzione di grano del 6% per ogni aumento di 1°C e indicano che, anche evitando un aumento superiore a 2° C, il solo effetto della maggior temperatura provocherà almeno il 10% di diminuzione nelle rese delle maggiori colture alimentari.
Gli impatti ambientali più significativi del settore agricolo si manifestano sull’integrità e la diversità biologica (biodiversità), per la perdita di geni, specie, habitat, ecosistemi e la semplificazione del paesaggio. L’interazione con la biodiversità è, infatti, il fondamento su cui si sviluppa l'agricoltura ed esse sono strettamente interdipendenti. L’agro-biodiversità (diversità biologica agricola) include la variabilità di geni, specie ed ecosistemi di interesse agrario. È il risultato delle interazioni tra le risorse genetiche, l’ambiente e i sistemi agricoli, in cui hanno ruoli chiave la selezione naturale, le condizioni ambientali e gli sviluppi sociali, culturali, economici e tecnici. L’agro-biodiversità sostiene le funzioni, le strutture e i processi centrali degli ecosistemi agricoli. Essa fornisce agli esseri umani cibo e materie prime per altri prodotti agricoli, fonti e mezzi di sostentamento e fornisce una serie di cosiddetti “servizi ecosistemici” tra cui la preservazione di suolo, acqua, fertilità e impollinazione, essenziali per il benessere umano. Inoltre essa offre a specie e comunità la capacità di adattarsi ai cambi ambientali (inclusi quelli climatici) e di evolvere, aumentando la resistenza a eventi meteorologici estremi, parassiti e patogeni. L’agricoltura e l’alimentazione dipendono tuttavia dalla diversità di relativamente poche piante e animali. Oggi solo 150 specie delle 7000 disponibili come nutrimento umano sono coltivate a livello significativo nel mondo e solo 3 (mais, grano e riso) garantiscono circa il 60% del fabbisogno di proteine e calorie nella dieta umana.[ii] Negli ultimi cento anni si è verificata una perdita enorme di agro-biodiversità: quasi il 75% della diversità genetica di specie coltivate è andato perso.
Cosa fare. La valle del Marecchia si presta in modo ottimale allo sviluppo di una produzione legata alla tipicità dei prodotti che possono avere una doppia valenza: una legata alla tipicità ed alla qualità in quanto biologici o altro. Inoltre come modalità di coltivazione conservativa del suolo e dell’acqua e quindi protettiva di servizi ecosistemici di interesse collettivo.
Sarebbe indispensabile in questa nuova vision indirizzare azioni della nuova strategia agricola comunitaria verso i seguenti obiettivi:
-azioni di cooperazione in modo che le azioni singole possano essere ricomprese in un quadro programmatico di salvaguardia agroambientale di tutela del territorio e di salvaguardia e valorizzazione dei prodotti.
- sviluppo di una agricoltura biologica nell’area della conoide a salvaguardia della falda sul modello Vittel francese.
- promozione di un marchio di qualità di prodotto e ambientale a salvaguardia delle risorse e dell’interesse della collettivitàFocus n. 6 –TURISMO sostenibile.
La Valmarecchia intende superare il modello turistico basato sulla “dipendenza” dal turismo costiero che lascia al territorio interno poco più di un movimento turistico “mordi e fuggi”. Vuole affermarsi sui mercati con una propria identità, a partire dal patrimonio naturalistico, storico e religioso di cui dispone. La Valmarecchia, a questo punto del suo percorso di sviluppo, esprime l’ambizione di produrre servizi turistici che vadano oltre la visita giornaliera. Punto di svolta di questo percorso sono decisioni che, partendo dalla tutela rigorosa del territorio, giungano a programmare un modello innovativo di ricettività che, per le sue radici, contribuisca a diminuire le tendenze all’abbandono e sviluppi lavoro “buono” per i giovani. Questa è una delle ricetta per combattere lo spopolamento. La Valmarecchia ha le carte in regola (paesaggio, storia, cultura, gastronomia) per sviluppare un prodotto turistico insieme alternativo ed integrato con il grande comprensorio turistico della costa nella consapevolezza che la compatibilità di questo mix deve essere verificata attraverso concreti progetti. Mare e montagna sono due modalità di villeggiatura e due target tra loro distinti. Pensare che l’uno rafforzi l’altro è solo teoria. All’interno di Destinazione Romagna si può puntare sulla promozione di un turismo di nicchia, ambientale, culturale, religioso, valorizzando i punti di forza di un’area vocata all’equilibrio della natura, connessa ma autonoma rispetto al turismo della costa. E’ possibile offrire al turista un viaggio immaginario e nel contempo reale.
Sono presenti sul territorio vallivo operatori privati che vogliono muoversi in questa direzione, altri si aggiungeranno, in particolare giovani imprenditori. Molti di essi ritengono un errore promuovere la Vallata insieme al mare e non condividono il pensiero ricorrente dell’integrazione tra Costa e Montagna quale vincente “pacchetto turistico”, perché la parte più economicamente importante resterebbe alla Costa. Nel marketing internazionale che gli enti di promozione dell’Emilia-Romagna realizzano, è il momento di sviluppare un marketing di destinazione specifico per la Valmarecchia, magari collegandolo a territori limitrofi come la Toscana, le Marche e il Parco di Sasso Simone e Simoncello che godono già di un buon posizionamento sui mercati.
Chiave di volta di questo progetto è lo sviluppo di un modello di ricettività non invasiva, sintetizzabili in tre tipologie: a) agriturismi “veri”, cioè connessi con le attività agricole e B&B negli aggregati urbani. Per questi occorrono interventi sulla qualità delle strutture (in particolare della accommodation), connessi ad adeguate campagna di marketing verso il mercato europeo. b) albergo diffuso, significa recupero di borghi o nuclei abitativi abbandonati o semi abbandonati e gestione di tipo alberghiero: le case sparse ospitano le camere, una struttura centrale ospita reception e servizi collettivi. L’individuazione delle potenzialità esistenti sul territorio è il primo passo per intercettare investitori. Questi borghi possono inoltre costituire un prototipo delle Comunità energetiche di cui al punto 4; c) recupero di case sparse in abbandono finalizzato a produrre un’offerta di residenza in forma proprietaria o multiproprietaria. Un censimento delle case abbandonate e il lancio di un programma per il riuso rispettoso delle tipologie, costituiscono anche un deterrente contro possibili iniziative speculative.
Valutare, insieme alla Regione, gli strumenti finanziari necessari per sviluppare questo prodotto e l’utilizzo della legislazione incentivante regionale e nazionale.Focus n. 7 – Parco fluviale del Marecchia.
Tale ipotesi era entrata nella programmazione dell’Emilia-Romagna fin dagli anni ottanta del novecento. Non fu mai realizzata non solo per la resistenza di alcune categorie, ma anche per la complessità territoriale derivante dall’incrocio delle competenze amministrative, oggi semplificata con l’ingresso in E.R.
Tutti i progetti che possono prendere avvio dai Focus precedenti, sono allineati alla conformazione prevista dalla legislazione regionale sui parchi. Avvio e attuazione anche parziale dei Focus costituiscono la premessa indispensabile per realizzare il Parco fluviale che a quel punto diventa semplicemente un sistema di regole e di opportunità (anche economiche) per gestire uno sviluppo della Valmarecchia ispirato a criteri di sostenibilità.
Sostenibilità che va declinata nella gestione e mantenimento delle funzioni ecologiche per un uso diretto (turismo, agricoltura, silvicultura ecc.) ed indiretto (stoccaggio risorsa idrica, depurazione naturale, stabilità suoli ecc.) del Capitale Naturale. Logica vorrebbe che gli investimenti fossero indirizzati ad aumentare le capacità funzionali dei nostri ecosistemi fluviali e di versante, utili ad infiltrare acqua, a trattenerla, a rilasciarla nel tempo: dovremmo agire con l’ottica della sostenibilità e della dualità anche perché nei prossimi anni è prevista una minore quantità di pioggia e quindi di acqua disponibile. Le Aree Protette sono territori che producono funzioni che aiutano a mantenere acqua (depurazione, riduzione tempi di corrivazione, stoccaggio, laminazione) e che sono fortemente in relazione alle funzioni del ciclo dei sedimenti (es. trattenimento del suolo). Dovremmo agire per implementare tali funzioni, valorizzare quelle attività agronomiche e silvicolturali sostenibili che favoriscono e diventano protagoniste nel mantenere il ciclo dell’acqua in modo da conservare la risposta ad una domanda collettiva di risorsa.
Questi processi che hanno una dimensione territoriale spiccata e definita, si prestano ad un bilancio ecologico-economico più completo ed efficace se sviluppate all’interno di una unità territoriale (Unità Socio-Ecologico Funzionale) in cui le Aree Protette sono l’elemento centrale e nevralgico del sistema a salvaguardia delle funzioni collettive/SE di regolazione del Capitale naturale nel tempo.
In Provincia di Rimini le Aree Protette ammontano a 12.746 ha, pari al 15% della superficie provinciale, ma siamo ancora lontani da una consapevolezza di quanto questi territori possano incidere sul benessere della popolazione che ne utilizza inconsciamente le funzioni (es. produzione di acqua, capacità di depurazione, fissazione CO2) e quindi una valutazione delle funzioni degli ecosistemi in relazione alla domanda e in rapporto alla biodiversità, motore della funzionalità ecosistemica. Quanto siamo consapevoli che l’acqua con cui facciamo funzionare ad esempio, il nostro turismo e tutte le altre attività produttive, è il risultato della produzione dei nostri ecosistemi collinari e montani, forestali e acquatici, che la raccolgono, la depurano la stoccano e la restituiscono? Che ogni intervento che porta a velocizzare l’acqua nel suo corso (cementificando, irrigidendo, deviando ecc.) ne riduce la possibilità di infiltrarsi e di ricaricare la falda, compatibilmente con la sicurezza idraulica (da valutare a livello di sistema)?
Ad esempio, il Sistema ecologico del Monte Carpegna fulcro fondamentale del Parco Interregionale del Sasso Simone e Simoncello e Carpegna, con i suoi boschi, con le sue praterie, con tutte le attività agro-ambientali che non incidono sulla risorsa ma la favoriscono, ha la capacità di fornitura idrica di circa 100 milioni di mc di acqua all’anno nel versante del Marecchia e 65 milioni di mc per il versante del Conca in relazione alle piovosità medie degli ultimi 10 anni. Cioè complessivamente il M. Carpegna per la sola funzione di fornitura idrica vale 165 milioni di mc/anno di acqua. Dovrebbe essere logico preservare questo macrosistema sviluppando azioni che vanno nell’ottica del bilanciamento, dell’equilibrio, della compensazione, del riconoscimento del valore del Capitale Naturale del Parco e delle attività che mantengono tali funzioni.
L’istituzione del Parco fluviale del Marecchia rimane quindi una grande opportunità per mettere a sistema i valori di un territorio in modo integrato, per ora come obiettivo di tipo intermedio se le azioni di avvicinamento saranno coerenti.Il presente documento, una volta condiviso dalle strutture associative, politiche, economiche, del volontariato, ecc. della Valle, sarà essere sottoposto ad un confronto con forze politiche e Istituzioni. Da questo confronto potrà nascere un organismo “direttivo” sovracomunale in grado di favorire l’avvio della fase di progettazione tecnico-economica, il censimento delle disponibilità, l’analisi della legislazione regionale e nazionale di riferimento.
Inoltre il documento potrà essere presentato a soggetti istituzionali o privati che, operando sulle risorse del territorio, diventino essi stessi promotori di iniziative progettuali di tutela e recupero ambientale anche funzionali alle loro attività, a compensazione ed a tutela delle risorse utilizzate e delle attività agroambientali che concorrono a tutelarle, così come definito per il comparto acque dal DM n.39/2015 riguardo ai costi ambientali della risorsa. A titolo di esempio: Hera, Romagna Acque-Società delle fonti, Eni, industrie private, ecc.
Il patrimonio ambientale e culturale della Valmarecchia richiama tutti i “fruitori” a responsabilizzarsi per la sua salvaguardia. In particolare la città di Rimini, le sue imprese, le sue istituzioni, sono chiamate a riconoscere specificità, unicità e autonomia di un percorso di sviluppo basato su beni ambientali che vogliamo tutelare a vantaggio di tutti.L'AGORA’ (che svilupperà azioni anche in futuro) è promossa da:
- Circoli PD della Valmarecchia (Casteldelci, Maiolo, Montecopiolo, Novafeltria, Pennabilli, Poggio Berni, San Leo, Sant’Agata Feltria, Santarcangelo di Romagna, Talamello, Torriana, Verucchio)
- Articolo Uno – Rimini
- Federconsumatori – Rimini. - Quale problema vuole affrontare questa proposta?
- Superare la frammentazione delle azioni dei diversi soggetti pubblici e privati facendole convergere in obiettivi condivisi, in una logica di rete, per attuare uno sviluppo sostenibile della Valle del Marecchia.
- Quali sono le persone, le realtà, le Associazioni, le istituzioni da coinvolgere?
- Il documento sopra riportato, approvato nell'Agorà del 19 marzo 2022 (sul quale verranno svolti ulteriori incontri tematici con le strutture associative, politiche, economiche, del volontariato, ecc. della Valle), sarà sottoposto ad un confronto con forze politiche e Istituzioni. Da questo confronto potrà nascere un organismo “direttivo” sovracomunale in grado di favorire l’avvio della fase di progettazione tecnico-economica, il censimento delle disponibilità, l’analisi della legislazione regionale e nazionale di riferimento.
Inoltre il documento potrà essere presentato a soggetti istituzionali o privati che, operando sulle risorse del territorio, diventino essi stessi promotori di iniziative progettuali di tutela e recupero ambientale anche funzionali alle loro attività, a compensazione ed a tutela delle risorse utilizzate e delle attività agroambientali che concorrono a tutelarle, così come definito per il comparto acque dal DM n.39/2015 riguardo ai costi ambientali della risorsa. A titolo di esempio: Hera, Romagna Acque-Società delle fonti, Eni, industrie private, ecc.
Agorà da cui è emersa la proposta:
AGORA’ Valle del Marecchia: Rigenerazione e sviluppo sostenibile.
A oltre dieci anni dall’unificazione amministrativa della Valmarecchia, con l’ingresso in Emilia-Romagna dei Comuni dell’alta valle, è utile ragionare sulle prospettive. Il primo elemento di riflessione riguarda la programmazione dello sviluppo: al di là della attuale suddivisione in ambiti funzionali (Alta e Bassa valle), si propone un ambito unitario di programmazione affinché la valle possa essere interpretata secondo la sua identità unitaria: quella di un territorio che produce acqua per tutta la Romagna e aria pulita attraverso i suoi boschi, preserva il paesaggio, custodisce importanti beni culturali. Per questa nostra “attitudine” e per preservare la montagna e la collina dallo spopolamento, pensiamo di poter orientare sui nostri territori gli investimenti necessari per produrre lavoro buono e per garantire nel tempo gli equilibri naturali. Richiamiamo i fruitori del patrimonio naturale della Valle, a responsabilizzarsi per la sua salvaguardia e per avviare un percorso di sviluppo basato su beni ambientali e culturali da tutelare a vantaggio di tutti.
Obiettivi
1. Sviluppo economico della valle in chiave ambientale, storico-culturale e turistica.
2. Definizione di un campo di forze, civiche e politiche, interessato agli obiettivi di cui al punto 1.
3. Sviluppo di rapporti con Istituzioni e Soggetti economici fruitori delle risorse della Valle.
4. Messa in rete di eccellenze culturali.
5. Messa in rete di competenze scientifiche e rapporti con le Università di Bologna e di Urbino.
6. Definizione degli strumenti di comunicazione interni alla Valle.
Nostro punto di riferimento è l’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile, sottoscritta da 193 paesi nel 2015: tutti gli obiettivi di sviluppo sono collegati alla funzionalità degli ecosistemi naturali come precondizione per la sostenibilità, lo sviluppo economico e la giustizia sociale. Da questi obiettivi, assunti anche dalla Regione Emilia-Romagna nella “Strategia regionale Agenda 2030”, derivano sette Focus ambientali.
- Gestione della Risorsa Idrica. Il “sistema Marecchia” eroga 500 milioni di mc/anno di cui 100 milioni a ricarica della Falda. Le azioni: a) recupero della funzionalità del fiume con interventi di rigenerazione ecologica, silvicoltura, agricoltura non idroesigente, zone di laminazione naturale. La direttiva UE prevede di valutare i costi ambientali nella tariffa idrica (+1%). b) Riuso delle acque reflue del depuratore di vallata con fitodepurazione e riduzione dei prelievi di acque sotterranee.
- Sistema infrastrutturale e trasportistico. Occorre andare oltre l’obiettivo di “mitigazione d’impatto” delle infrastrutture. Il monitoraggio dell’esistente e la definizione di scenari sono premesse per concepire la strada, i servizi pubblici di trasporto, le infrastrutture necessarie, come fattori integrati nel paesaggio. L’ottimizzazione dei servizi telematici è parte integrante di questo processo.
- Gestione forestale e cura del territorio per abbattere la CO2. Non solo funzione produttiva (di tipo privatistico) ma anche protettiva (di interesse pubblico) per ridurre il dissesto, regolare il ciclo dell’acqua, produrre ossigeno, fissare CO2.
- Ottimizzazione energetica. Si propone un modello basato sull’aggregazione fra Comuni per realizzare “comunità energetiche”. Decentramento e localizzazione della produzione sono i due principi basi delle comunità energetiche riconosciute dalla legislazione nazionale dal 2020.
- Specializzazione agricola in chiave ecologica. La Valle del Marecchia si presta allo sviluppo di produzioni agricole legate alla tipicità e alla qualità “bio”, con modalità di coltivazione conservativa del suolo e dell’acqua, perciò protettiva di ecosistemi di interesse collettivo.
- Turismo sostenibile. La Valmarecchia intende superare il turismo “mordi e fuggi” basato sulla dipendenza dal turismo balneare. Vuole affermarsi sui mercati con una propria identità a partire da paesaggio, storia, cultura, religione. Componente di questo obiettivo è la realizzazione di ricettività turistica basata su tre tipologie: a) agriturismo “veri” e B&B nei nuclei urbani; b) realizzazione di almeno un albergo diffuso attraverso il recupero di uno dei borghi abbandonati; c) recupero a fini turistici di case sparse inutilizzate.
- Rilancio del progetto di Parco Fluviale del Marecchia, entrato nella programmazione regionale fin dagli anni ’80 e mai sviluppato. Resta una grande opportunità per mettere a sistema e programmare unitariamente i valori ambientali del territorio vallivo. Il documento di questa Agorà sarà al centro del confronto con strutture associative, economiche, politiche della Valle.
Sarà poi avviato un dialogo con soggetti istituzionali e privati che, operando sulle risorse del territorio vallivo, diventino essi stessi promotori di iniziative progettuali di recupero e tutela ambientale. Il patrimonio ambientale e culturale della Valle richiama tutti i “fruitori” a responsabilizzarsi per la sua salvaguardia, a partire dalla città di Rimini.
Questa AGORA’, tesa a sviluppare nel contesto locale il tema delle AGORA’ DEMOCRATICHE “L’Italia che vogliamo”, con riferimento alle categorie 2 (Rivoluzione verde e transizione ecologica) e 3 (Infrastrutture per la sostenibilità), è promossa da:
- Circoli PD della Valmarecchia (Casteldelci, Maiolo, Montecopiolo, Novafeltria, Pennabilli, Poggio Berni, San Leo, Sant’Agata Feltria, Santarcangelo di Romagna, Talamello, Torriana, Verucchio)
- Articolo Uno – Rimini
- Federconsumatori – Rimini. Novafeltria, febbraio 2022
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