
Agorà Democratiche
AGORÀ DEMOCRATICHE
Denaro Pubblico Software Pubblico (Public Money Public Code)
- Descrizione dettagliata
- La proposta chiede l'impegno a fare in modo che il software sviluppato
e prodotto per ogni ambito della pubblica amministrazione, e quindi pagato
con i soldi dei contribuenti, sia rilasciato con licanza libera
(https://www.gnu.org/licenses/license-list.it.html)Siamo ormai tutti consapevoli che il futuro della politica, così come di molti
aspetti della vita sociale, sarà mediato dall'utilizzo di strumenti informatici
di vario tipo.
E` quindi molto importante, nella gestione della cosa pubblica, che si adottino
sempre più criteri di trasparenza e di apertura per quello che riguarda il
software utilizzato in ogni ambito della pubblica amministrazione.Questo può significare, nel concreto, che è necessario sia un approccio
dal basso che uno dall'alto: Se da un lato è importante la diffusione di una
cultura informatica aperta e consapevole nel piccolo (nelle scuole negli enti
territoriali), dall'altro lato è molto importante agire a livello
sovranazionale per costruire regole europee che rafforzino l'utilizzo di
formati aperti di scambio dati e di codice sorgente con licenza liberaDal punto di vista legislativo, il comma 2 dell'art. 69 del Codice
dell'Amministrazione Digitale lascia una possibilità fortemente discrezionale
all'acquisto di software non libero.
Si propone di chiedere un rafforzamento del requisito di acquisto di software a
sorgente aperto con licenze libereE` anche importante la promozione di sviluppo di software condiviso tra
pubbliche amministrazioni: promuovere aggregazioni di sviluppo del software che
coinvolgano pubbliche amministrazioni, imprese private e comunità di
sviluppatori basate su contratti che prevedano esclusivamente software prodotto
con licenza libera.
E` ncessario che i progetti prevedano figure di responsabilità che vaglino e
eventualmente accolgano le modifiche e le correzioni proposte dagli enti, dalle
imprese e dalle comunità di sviluppoEsistono già modelli di regolamentazione da prendere ad esempio per la
condivisione delle informazioni, uno di questi è la PSD2 dell'ambito bancario - Quale problema vuole affrontare questa proposta?
- maggiore libertà, democrazia ed economia nell'uso degli strumenti informatici pagati dai contribuenti
- Quali sono le persone, le realtà, le Associazioni, le istituzioni da coinvolgere?
- - Free Software Foundation Europe
- Comunità locali di sviluppo e diffusione della cultura del software libero
- Le istituzioni e gli enti che già utilizzano il modello del software libero
Agorà da cui è emersa la proposta:
Denaro pubblico, software pubblico
"Public money, Public code" = "Denaro pubblico, software pubblico" E` una campagna della Free Software Foundation Europe (https://publiccode.eu/it/) che chiede che il software, realizzato per funzioni pubbliche e pagato dai contribuenti, sia pubblicato con licenza libera (GPL e derivate: https://www.gnu.org/licenses/license-list.it.html). Questo significa che bisogna consetire a chiunque di poterlo leggere, analizzare, studiare, controllare ed eventualmente anche migliorare Le implicazioni sarebbero molteplici, per esempio: - il codice sorgente, che, nella versione in uso, rimane comunque sotto la responsabilita` di chi lo mantiene, sarebbe analizzabile e soggetto a verifica relativamente a errori e problemi di sicurezza, da parte di una comunita` molto vasta di persone (piu` persone verificano, piu` il software e` sicuro) - il software potrebbe essere studiato nelle scuole, formando cosi` cittadini consapevoli e competenti - verrebbe garantita non solo l'indipendenza da un particolare fornitore ma anche la possibilita` che, se questo venisse a mancare, i progetti sviluppati vengano proseguiti L'articolo 69 del Codice dell'Amministrazione Digitale (CAD) già disciplina questa materia ma bisogna trovare modi e mezzi per applicare queste norme di buon senso già ratificate nel CAD ma troppo spesso disattese. Questa proposta chiede l'impegno a promuovere il Software Libero nella pubblica amministrazione, nelle scuole, e in generale in tutti gli ambiti in cui un prodotto informatico sia pagato con i soldi dei contribuenti
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1 commento
Le norme ci sono, e sono evidentemente frutto di una visione politica, la quale poi è venuta a mancare. Visione politica che non possiamo più permetterci di non maturare: l'Europa è cliente dell'Asia per l'hardware e degli Stati Uniti per il software, spende quattrini per una "innovazione" fine a sé stessa ma senza nessuna ricaduta sul proprio sistema produttivo ed economico, le competenze tecniche vengono coltivate poco e quelle che ci sono vengono drenate velocemente (vedasi la massiccia emigrazione giovanile di cui il nostro Paese è vittima), la presenza delle grandi aziende straniere si limita a funzioni commerciali e di help desk.
In questo scenario il modello open source è quello che meglio si adatta al tessuto industriale IT italiano ed europeo, costituito non da poche grosse imprese ma da innumerevoli piccoli e medi soggetti che competono, collaborano e sperimentano. Una grossa parte di tali soggetti già lavorano con software libero e open source, che costituisce un patrimonio comune immediatamente accessibile a costo zero su cui costruire servizi e prodotti (nessuno avrebbe la forza e le risorse per rifare tutto daccapo), e facendo crescere - in modo più o meno diretto - questi strumenti di lavoro condivisi la ricaduta è tangibile e per tutti.
La PA storicamente è un "grosso cliente" che traina il mercato interno e funge da volàno per le imprese, ma finché spende per volatili licenze software (spesso sviluppato dall'altra parte dell'oceano) traina ben poco. La spesa dovrebbe essere certamente e giustamente finalizzata all'efficientamento e al miglioramento, ma fosse anche un tantino più orientata in modo strumentale agli interessi sociali, economici e politici del Paese non sarebbe una brutta cosa.
La questione dei formati aperti è un esempio calzante. Appare come una pretesa fine a sé stessa (in fin dei conti, che cambia se i file sono standard o no? Basta che funzioni!) quando invece ampliarne l'adozione sarebbe strumentale per
- dismettere i pacchetti software reiteratamente pagati ad un singolo operatore USA che ha ben scarso impatto in Italia (solo una frazione del costo della licenza resta al rivenditore)
- animare il mercato locale dei fornitori di soluzioni, gran parte delle quali open source e dunque con margini di profitto più alti da poter reinvestire
- accelerare ricerca e sviluppo di nuove soluzioni per archiviare, scambiare, cercare e integrare i flussi documentali ed i processi, non dovendo dipendere da un'unica (e costosa) implementazione
Il problema politico di fondo è che non esiste un interlocutore. Microsoft, Google o Apple hanno tutte i loro bravi consulenti con cui intessere piani e progetti (= commerciali da cui farsi vendere qualcosa), mentre non esiste un Signor OpenSource che rappresenti le decine di migliaia di operatori già oggi attivi in Italia. Un poco di sensibilità e competenza sono richieste, sia per prendere atto dell'esistente che per avere una progettualità di medio termine.
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